Nella giornata del 24 giugno e nei giorni seguenti si sono affastellate in Russia le più disparate dichiarazioni, più o meno ufficiali. Le più interessanti non sono state quelle di Putin o Prigozhin (il capo della Wagner), ma più probabilmente quelle di Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russo, che ha spostato l’attenzione sull’Africa.
Lavrov ha dichiarato che “di sicuro” l’attività del gruppo Wagner in Mali e Repubblica Centrafricana proseguirà. Parole che sembrano rispondere alla necessità di rassicurare gli amici della Russia all’estero (e soprattutto in Africa) sulla stabilità della presenza internazionale del Cremlino e nel caso specifico su quella dei mercenari della Wagner, diventati l’avanguardia della Russia nella sua operazione di riconquista di un ruolo di primo piano nel mondo.
Ma cosa ne sarà della Wagner dopo gli eventi del 24 giugno? Nel discorso pronunciato la sera del 26 giugno, il presidente russo ha offerto ai membri della milizia privata la scelta tra entrare nell’esercito regolare, trasferirsi in Bielorussia o tornare a casa. La proposta di Putin riguarda anche le migliaia di soldati della Wagner sparse in più di una decina di paesi?
Le risposte a queste domande condizionano la presenza dei mercenari in Mali e in Repubblica Centrafricana. E poi: bisogna interpretare la dichiarazione di Lavrov come l’annuncio di una “nazionalizzazione” delle attività di Wagner in Africa da parte dello Stato russo?
Di sicuro, occorre non sottovalutare il ruolo della Wagner in Africa, soprattutto dalla prospettiva di Parigi. L’organizzazione di Prigozhin, a stretto contatto con il Cremlino, ha conquistato importanti posizioni sul continente africano, in gran parte a spese della Francia.
Mosca è chiamata a far luce su questi dubbi: il 27 e il 28 luglio Putin presiederà a San Pietroburgo il secondo vertice Russia-Africa. Gli Stati che hanno scelto di fidarsi della Russia vorranno qualche rassicurazione in più rispetto a quel “di sicuro” pronunciato da Lavrov.