Cina, India, Brasile e Turchia. L’ascesa di questi paesi sta ridisegnando il modo di fare business nel mondo, che fino ad ora aveva visto dominare il modello occidentale.
Un altro player strategico rischia però di essere dimenticato: è l’Africa, che grazie alle risorse naturali e demografiche sarà uno dei pilastri dell’economia globale. E l’Europa? Rischia di contare sempre di meno: nel 2030 la sua popolazione sarà pari al 6% di quella mondiale. Inoltre, il tenore di vita degli europei dipenderà sempre più dalle risorse commerciali e finanziarie esterne.
Il modello di business deve oggi tenere conto delle economie emergenti. Ciò non significa che siamo costretti ad imparare a parlare Bamilek, Yoruba, Bambara, Fon, Tshiluba o Swahili, ma è diventato ineluttabile adeguare il modo di fare impresa dal punto di vista economico, ma anche sociale e culturale. Anche di qui passa il rispetto e il riconoscimento. Mentre molti africani hanno bene in mente le date principali della storia dell’Occidente, non è vero il viceversa.
Gli europei potrebbero beneficiare delle connessioni storiche con il continente africano, cosa che i nuovi investitori russi, brasiliani, turchi, indiani e cinesi non hanno. Eppure sta avvenendo il contrario. Ecco perché cambiare potrebbe essere non soltanto la scelta migliore, ma anche l’unica possibile.