A una prima ricognizione, l’Europa dovrebbe protestare formalmente contro la politica neo-protezionista di Trump, ma avrebbe convenienza a non reagire. Per almeno tre motivi.
I dazi apposti da Trump sull’import di acciaio e alluminio riguardano una parte minoritaria dell’export europeo di questi settori, che valgono, rispettivamente, 5,1 miliardi di euro e 1,1 mld. Cifre importanti, ma non esiziali. Ancor meno se si guardano le percentuali: nel caso dell’acciaio, il calo per l’export europeo sarebbe solo dell’1%. Quindi una protesta formale in sede di Organizzazione mondiale del commercio (Wto) potrebbe essere sufficiente.
È, inoltre, assai presumibile che il protezionismo danneggi soprattutto chi lo mette in atto: le perdite in termini di benessere subite dai consumatori Usa e in termini di posti di lavoro nei settori a valle, ad alto consumo di acciaio (auto, costruzioni, ecc.), superano di gran lunga i guadagni conseguiti dalle imprese siderurgiche. L’Europa, pertanto, avrebbe buon gioco a far cuocere nel proprio brodo gli Stati Uniti.
In più, c’è da considerare l’ “illegalità” dei dazi Usa, che potrebbero essere facilmente sanzionati dal Wto.
Ma proprio intorno a quest’ultimo punto gira la questione cruciale. Trump ha alzato le tariffe sull’import, in violazione degli accordi commerciali, richiamando l’eccezione della “sicurezza nazionale” prevista dall’art.21 del General Agreement on Tariffs and Trade (Gatt, firmato nel 1947 da 23 paesi). Ma non c’è alcuna situazione di urgenza che giustifichi il ricorso a tale clausola.
Ecco perché l’Ue deve reagire. E lo deve fare subito. Il ricorso al Wto avrebbe infatti tempi lunghi, fino a 4 anni. Ed è anche probabile che, qualora fosse sanzionata, la maggior potenza mondiale, semplicemente non rispetterebbe la sentenza del Wto o uscirebbe dal sistema Wto.
L’Europa quindi deve reagire immediatamente, non tanto per proteggere la propria produzione di acciaio - abbiamo visto che le misure protezioniste sono controproducenti - ma per una questione di deterrenza. Per impedire che la strategia protezionista di Trump dilaghi e per dare sostegno all’ampio settore interno negli Usa, anche repubblicano, contrario alla guerra commerciale totale perseguita da Trump.