Le azioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, stanno contribuendo a rendere sempre più invisi gli americani agli occhi del popolo tedesco: il ritiro degli Usa dall’accordo nucleare iraniano ne è un ulteriore esempio. La cancelliera Angela Merkel si è sfogata sostenendo che questa decisione “mina la fiducia nell’ordine internazionale”.
Gli equilibri sono cambiati. Dall’avvento di Trump non esiste più l’Occidente come lo conoscevamo una volta e le relazioni tra Germania-Usa sono ai minimi storici: la cooperazione transatlantica sulla politica economica, estera e di sicurezza, semplicemente, si è interrotta.
Il Pew Research Center e la tedesca Koerber Stiftung hanno paragonato le opinioni degli americani e dei tedeschi sulle relazioni bilaterali tra i due paesi e mentre gli statunitensi pensano che i legami di sicurezza e difesa siano l’aspetto principale della relazione, per i secondi i legami economici e i valori democratici condivisi sono più importanti.
Mentre per la maggior parte dei tedeschi la relazione Usa-Germania viene considerata “cattiva”, questo sentimento appartiene solo a una piccola minoranza di americani: in ogni caso la differenza con la presidenza di Barack Obama, che in Germania era popolare, è netta.
L’attacco punitivo degli Stati Uniti alla Volkswagen dopo il caso dieselgate, cominciato sotto Obama e continuato da Trump, ha lasciato il segno sull’industria automobilistica tedesca. Oggi la pressione statunitense si è spostata sugli esportatori europei di acciaio e di alluminio minacciati di sanzioni se faranno ancora affari con l’Iran: ma intanto il segretario di Stato Mike Pompeo promette investimenti Usa in Corea del Nord se sceglierà la strada della denuclearizzazione.
Il sentimento anti-Usa è stato frenato dalla cauta élite guidata dalla cancelliera Merkel, incline al compromesso: ma i tedeschi si stanno rendendo conto che l’antiamericanismo può diventare una carta politica da giocare in un futuro post-Trump, magari facendo leva sull’Unione europea per far assumere alla Germania un ruolo paritario nel rapporto con gli Stati Uniti.