L’eredità lasciata da Angela Merkel

L’attuale crisi della Germania impone una rilettura dei 16 anni passati da Cancelliera

L’eredità lasciata da Angela Merkel

La Germania è sottosopra, il governo guidato da Olaf Scholz vacilla, Volkswagen minaccia la chiusura di stabilimenti nel Paese (fatto mai accaduto). Ma, dopo 16 anni alla cancelleria, cosa ci ha lasciato Angela Merkel in eredità? Oggi dobbiamo rivedere il giudizio?

Il suo rapporto con Putin è sempre stato prudente (non si fidava), ma al contempo solido e continuo, tanto da avere consegnato di fatto all’uomo del Cremlino la politica energetica tedesca.

La Cancelliera accettò persino un nuovo gasdotto dalla Russia (fortemente contrastato da Washington) dopo che Mosca aveva invaso l’Ucraina nel 2014. Errore con radici già nel 2011: dopo l’incidente di Fukushima, decise di spegnere le centrali nucleari, condannando la Germania al ricatto putiniano.

Investimenti senza limiti anche in Cina, diventata il mercato d’elezione per le imprese tedesche e per i viaggi pro-business di Merkel (che alla fine sono stati ben 12). Quindi grande fiducia verso Mosca (per l’input del gas) e verso Pechino (per l’output delle esportazioni).

Nel 2015 aprì le frontiere a più di un milione di rifugiati siriani e afghani: scelta che alla lunga sembra esser stata rifiutata da molti elettori teutonici.

Poi, zero riforme economiche in Germania in 16 anni, e un modello economico basato sull’export e sul settore manifatturiero (con l’automotive in testa). Con nessun campione tecnologico all’orizzonte.

E con un atteggiamento anche vagamente minaccioso verso i propri partner: Berlino ha in sostanza per anni venduto i propri prodotti-servizi agli altri paesi continentali, evitando però di fare il viceversa. In tal modo, mentre la Germania si arricchiva, gli altri (in parte) si impoverivano.

Non si può, inoltre, dimenticare neanche la questione ellenica: quando ad Atene fu imposto un piano di salvataggio di cui ancora oggi paga gravi conseguenze, alla guida della locomotiva europea c’era sempre lei: Angela Merkel.

Il fatto di aver contribuito in Zona Cesarini, all’ultimo secondo, alla formazione della prima esperienza di debito comune europeo (che si è poi tradotto nel noto Recovery Fund) è un fatto storico importante, ma non a tal punto da poter dire ‘scurdammoce 'o passato’.

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