I prodotti tedeschi piacciono ancora e molto. La Germania quest’anno avrà il più grande surplus commerciale del mondo per il terzo anno consecutivo. In termini assoluti la differenza tra esportazioni e importazioni sarà pari a 299 miliardi di dollari. Il Giappone si attesterà in seconda posizione con un avanzo commerciale di 200 mld, mentre inaspettatamente terza sarà l’Olanda.
La Cina, ovvero la seconda economia al mondo, non sarà tra i primi tre paesi in surplus a causa dell'aumento delle importazioni e di minori rendimenti del capitale detenuti all'estero.
Gli Stati Uniti avranno il più grande deficit a livello globale con 420 mld. Il che riporta la discussione sulle ventilate minacce di Donald Trump contro gli squilibri commerciali di Berlino e su possibili dazi punitivi sulle auto, la voce più importante dell’export della Germania. Inizialmente il presidente Usa aveva detto di voler attendere l’esito dei negoziati in corso con l’Ue, ma anche con Canada e Messico nel quadro della revisione del Trattato Nafta. Poi, il cambio di rotta, stavolta inaspettato, annunciato il 21 agosto: "Con Bruxelles il problema centrale riguarda le vetture. Per questo metteremo una tassa del 25% su ogni auto che arriva negli Stati Uniti dall'Ue".
In realtà molti modelli di automobili tedesche sono prodotti all’estero. E i primi due paesi sono proprio Cina e Stati Uniti con, rispettivamente, 1 mln e 850 mila dipendenti.
Nonostante ciò, in termini percentuali, il surplus di Berlino sarà pari al 7,8% del Pil (-0,1% rispetto al 2017). Quindi sforerà il tetto del 6% indicato da Commissione europea e Fmi come livello di equilibrio oltre il quale diviene un rischio per la stabilità economica globale.
È dal 2011, tuttavia, che l'avanzo commerciale tedesco si posiziona costantemente al di sopra della soglia limite del 6%. E per questo motivo, dal 2014, Bruxelles ha provato ogni anno ad indicare una possibile via d’uscita: aumentare gli investimenti pubblici e creare condizioni favorevoli per una più robusta crescita dei salari reali.
Ma ora qualcosa potrebbe cambiare. Così, dopo numerose inascoltate richieste provenute da governi ed economisti di mezzo mondo, il governo Merkel si sarebbe deciso a ribilanciare i conti, facendo aumentare la domanda interna.
Nelle ultime settimane, però, si è aggiunto un nuovo ostacolo: la Germania, che è il secondo maggiore investitore estero in Turchia, deve fare ora i conti anche con la profonda crisi di Ankara. La lira ha perso quest'anno quasi il 40% del suo valore rispetto al dollaro.