Nel vertice ospitato nella città di Samarcanda, il presidente russo ha elogiato la posizione “equilibrata” della Cina rispetto alla crisi in Ucraina, pur riconoscendo che l’invasione russa ha innescato “domande e preoccupazioni” a Pechino.
Xi e Putin si sono ritrovati uno di fronte all’altro - a più di sette mesi dall’ultimo incontro - nella capitale uzbeka, dove 15 leader asiatici sono giunti per il summit della Shanghai Cooperation Organization (Sco), il gruppo spesso definito come una sorta di ‘Nato dell'Est’, alternativo all’Occidente.
Cina e Russia - nella visione di Xi - devono cooperare da “grandi potenze” per “iniettare stabilità in un mondo caotico e turbolento”. La Cina non ha mai condannato apertamente quella che Mosca definisce “operazione militare speciale”. Al contempo, ha aumentato le importazioni di greggio russo e sottoscritto un accordo per pagare in rubli e yuan le forniture di gas.
Tuttavia, Xi è sembrato mantenere le distanze dal leader russo: al summit - ha fatto notare alla Bbc Evan Feigenbaum del Carnegie Endowment for International Peace - sono presenti molti Paesi dell’ex Urss (oggi vicini a Pechino) che non sostengono l’invasione dell’Ucraina, e con cui la Cina vuole continuare a mantenere buoni rapporti, in particolare per salvaguardare i propri investimenti infrastrutturali nella regione ed evitare critiche rispetto alle violazioni dei diritti umani ai danni degli uiguri nello Xinjiang, la provincia nord-occidentale cinese che confina con l’Asia centrale.
Non soltanto per questi ultimi motivi, appare evidente che la centralità del summit Sco va ben oltre le relazioni strettamente bilaterali tra Russia e Cina.