“Il 16 luglio del 2020 la Camera dei deputati ha dato il via libera al rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero e ai fondi per l’addestramento e l’appoggio alla cosiddetta Guardia costiera libica, un corpo militare creato nel 2017, addestrato e finanziato dall’Italia per intercettare le imbarcazioni di migranti sulla rotta del Mediterraneo centrale e riportarle indietro, in un paese che non riconosce la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e in cui sono state documentate violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani.” A tracciare il quadro è Annalisa Camilli su Internazionale.
Il provvedimento ha riguardato la proroga della partecipazione del contingente della Guardia di finanza e dell’Arma dei carabinieri alla missione bilaterale in Libia, il sostegno alla cosiddetta Guardia costiera libica, alla missione europea Eunavfor Med Irini nel Mediterraneo centrale e a quella Nato Seaguardian.
Ma quanto ci costa tutto questo interventismo? “Dal 2017 Roma ha speso in Libia un totale di 784,3 milioni di euro, di cui 213,9 in missioni militari – scrive Camilli -. Nel complesso i fondi sono aumentati di anno in anno con il doppio obiettivo di fermare l’arrivo di migranti e di accrescere l’influenza italiana nell’ex colonia nel caos dal 2011, dopo la caduta dell’ex dittatore Muammar Gheddafi.” Per il solo sostegno alla Guardia costiera libica lo stanziamento di fondi è passato dai 3,6 milioni di euro nel 2017 ai 10 milioni nel 2020. Oltre alla discutibile scelta etica, non è per nulla chiara la destinazione reale di questi fondi. Non si sa che fine facciano davvero.
C’è poi il capitolo dei fondi europei. Dal 2017 l’Italia ha ricevuto dall’Ue, tramite l’Eu emergency trust fund Africa (un fondo fiduciario per l’Africa), 87 milioni di euro che sono stati gestiti dal ministero dell’Interno e 22 milioni dal ministero degli Esteri. E anche qui, il sospetto è che tale fiume di denaro vada a gonfiare le tasche di trafficanti e criminalità.