Entro 15 giorni entrano in vigore i dazi voluti da Donald Trump. Sono pari al 25% sull'acciaio e al 10% sull'alluminio importato negli Stati Uniti. Due paesi, Canada e Messico, sono stati risparmiati. Non per benevolenza, soltanto perché con questi Stati c’è in ballo l’Accordo di libero scambio dell'America del nord (Nafta).
Trump ha detto che gli Stati Uniti soffrono di “commercio sleale” da altri paesi e sembra convinto di poter dare così impulso all’industria statunitense. Nonostante i principali partner commerciali abbiano già minacciato ritorsioni e gli esperti avvertito sul rischio di compromettere alcuni equilibri globali, il presidente Usa tira dritto, allungando la lista degli indignati.
Il principale consigliere economico di Trump, il sostenitore del libero scambio Gary Cohn, si è dimesso. Più di 100 repubblicani hanno firmato una lettera indirizzata al presidente, esprimendo la loro “profonda preoccupazione” per i dazi. Il capo dell’Fmi, Christine Lagarde, ha avvertito sul fatto che le guerre commerciali non prevedono vincitori e a rimetterci sarebbe la crescita globale. Il commissario per il Commercio, Cecilia Malmstrom, ha detto che la mossa avrebbe danneggiato l’Ue e messo a repentaglio migliaia di posti di lavoro europei.
Poi il livello dello scontro è salito. L’Ue ha proposto misure di ritorsione contro un certo numero di prodotti statunitensi e la Cina ha minacciato una “risposta appropriata e necessaria”. E questo è soltanto il primo ciak di una sempre più probabile guerra commerciale su scala globale, inutile e dannosa.