Le sanzioni mordono l’economia russa. Alla fine anche Renault ha dovuto cedere: il gruppo automobilistico occidentale più esposto sul mercato della Federazione ha annunciato lunedì scorso la sua uscita dal paese. L’accordo prevede la cessione della totalità delle sue azioni per due soli rubli, con un’opzione di riacquisto entro sei anni.
La partenza di Renault ha così aperto le porte al ritorno sulla scena dello storico marchio sovietico Moskvitch, un’azienda fallita nel 2006 che non era sopravvissuta alla concorrenza occidentale. Un ritorno al passato che in Russia sarà tutt’altro che simbolico.
Con un decreto promulgato la settimana scorsa, il Cremlino ha stabilito che i nuovi veicoli prodotti nel Paese non avranno più l’obbligo di essere dotati di Abs, airbag e persino pretensionatori delle cinture di sicurezza. Il motivo? La carenza di componenti elettronici a causa delle sanzioni occidentali (ad esempio la tedesca Bosch ha deciso di non vendere più alla Russia).
Anche Lada, una delle principali case automobilistiche russe, sta al momento producendo senza la maggior parte dell’elettronica moderna. Così, oltre alla sicurezza di chi guida, crollano i criteri ambientali. L’elettronica è infatti necessaria per garantire gli standard di emissioni: in loro mancanza, il Cremlino ha deciso che è possibile produrre anche auto ‘Euro 0’. Riportando le lancette indietro nel tempo, a prima del 1992.
Insomma, malgrado un default sul debito rimandato e l’apprezzamento del rublo sui mercati internazionali (ormai +30% sul dollaro rispetto ai livelli prebellici), le difficoltà per Mosca cominciano a farsi sentire, anche se molte aziende occidentali, incluse oltre la metà di quelle italiane presenti in Russia prima dell’invasione, hanno deciso di non abbandonare il Paese.