Le elezioni presidenziali in Colombia, le prime dopo la fine della guerra con le Farc, non celebrano la pace: l’attuale presidente Juan Manuel Santos (che non può ricandidarsi) non è stato capace di arginare i piccoli gruppi armati, che ancora detengono il controllo del territorio dove si coltiva la coca. In questa situazione si sta facendo strada la candidatura dell’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro, ma primo nei sondaggi resta il candidato democratico Ivan Duque.
Dal punto di vista economico-finanziario la figura di Petro, che in passato aveva espresso simpatie per le politiche di Hugo Chavez nel vicino Venezuela, può spaventare gli investitori: questo sta rafforzando ulteriormente Duque. Entrambi i candidati, comunque, sono osteggiati da Santos che al termine del suo mandato ha un bassissimo indice di popolarità (14%) per aver aumentato le tasse.
Nonostante lo scetticismo degli elettori, la Colombia ha un’economia in ripresa e la decisione di Santos di aumentare l’Iva ha mantenuto stabile il deficit di bilancio. Dal 2009 a oggi quasi 5 milioni di persone sono uscite dalla condizione di povertà. Il testa a testa tra Duque e Petro sta oscurando gli altri pretendenti alla guida del paese.
Duque intende ripristinare lo stato di diritto anche nei territori di coltivazione della coca controllati da gruppi militari e promette di puntare su imprenditorialità ed equità come obiettivi della sua presidenza: con un’economia arancione basata su talento e conoscenza.
Petro ha presa in larghe fasce della popolazione: i giovani e i poveri colombiani che guardano alla politica come una “cosa sporca” vedono in lui un “Mahatmajustipol”, cioè una “grande anima che rende giustizia al popolo”: questo piglio di giustiziere populista potrebbe essere la chiave per arrivare al ballottaggio del 17 giugno e avere la chance di strappare la vittoria su Duque, che al momento nei sondaggi ha un vantaggio di almeno dieci punti percentuali.