Ogni euro investito in servizi per l’infanzia torna indietro allo Stato 13 volte, ecco perché “costruire asili nido non è (solo, ndr) un tema per mamme e papà ma è fondamentale per il Prodotto interno lordo, oltre che per far ripartire la natalità”, afferma l’economista Azzurra Rinaldi, direttrice della School of Gender Economics all’Università di Roma Unitelma Sapienza.
Il Pnrr prevede 4,6 miliardi per i servizi per l’infanzia, per la costruzione o il rimodernamento di oltre 2mila asili nido e scuole materne. Tuttavia “uno degli equivoci in cui siamo impantanati - spiega l’economista - è che si vedono gli asili nido come servizi a favore delle mamme. Questo è miope. Il 75 per cento delle attività di cura è sulle spalle delle donne; ma è un problema di sistema che riguarda anche chi i figli non li ha. Il nostro Paese è affaticato perché la forza lavoro femminile non riesce a stare sul mercato del lavoro e 1 donna su 3 si licenzia dopo i figli. Invece, quando ci sono gli asili nido, le donne possono produrre reddito che si trasforma in Pil e poi in servizi per tutti”.
Gli obiettivi Ue fissati a Barcellona, sui servizi per l’infanzia, prevedevano già almeno 1 posto garantito ogni 3 bambini in un nido. Tra l’altro nidi e materne sono già inquadrati come “diritto della persona”: nello spirito della Costituzione, contribuiscono a livellare le disparità sociali.
“È mancata una visione - secondo l’economista -. Parliamo del Next Generation UE, la prossima generazione. Potevamo arrivare almeno a due posti su 3 invece nel Pnrr abbiamo mantenuto l’obiettivo minimo di Barcellona. I Paesi in cui il tasso di occupazione è più alto - evidenzia Rinaldi - sono anche quelli in cui si fanno più figli e cresce il Pil”.