Secondo i dati Istat, il tasso di fecondità totale (Tft), rappresentato dal numero medio di figli per donna, continua a scendere, passando da 1,25 nel 2021 a 1,24 nel 2022. Nel 2008, il numero di figli per donna ha toccato il massimo relativo all’ultimo ventennio (1,44), per poi iniziare una graduale riduzione.
Nel 2022, le nascite tra la popolazione residente sono state circa 393 mila, quasi 7 mila in meno rispetto al 2021. La denatalità prosegue anche nel 2023: nei primi sei mesi dell’anno, le nascite sono state circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo nel 2022.
Distinguendo tra donne italiane e donne straniere, emerge che le seconde mostrano Tft più elevati. Per le donne italiane il dato è pari a 1,18 nel 2022, mentre per quelle straniere è 1,84.
Tuttavia (ed è forse questa la vera notizia), emerge che il tasso di fecondità per questo ultimo gruppo ha subito una robusta riduzione negli ultimi quindici anni: nel 2008 si attestava al 2,53, mentre dal 2019 è sceso, in media, a meno di 2 figli per donna.
Presi per il PIL
Questo è uno dei temi strategici che la politica sembra far finta di non capire. Una popolazione che invecchia rapidamente ha un rilevante impatto da tutti i punti di vista: sociale, economico, politico, ecc. L’aspetto più complicato della faccenda riguarda il fatto che le politiche a favore della natalità (ammesso che siano davvero introdotte) evidenziano il loro effetto nel corso degli anni. L’alternativa è una soltanto: tentare di rimpiazzare il buco con quote cospicue di immigrati giovani (che, invece, in buona parte respingiamo). Sperando che si diano da fare e raggiungano, almeno loro, un tasso di fecondità totale (Tft) pari a 2,1 figli per donna, ovvero il tasso minimo affinché una popolazione si riproduca.