5 buoni motivi per non prorogare (ancora) i tagli ai carburanti

Prorogare a oltranza il taglio alle accise sui carburanti non è una buona idea: si dovrebbe piuttosto puntare a proteggere le fasce più deboli della popolazione dall’inflazione e ad accelerare la transizione ecologica

5 buoni motivi per non prorogare (ancora) i tagli ai carburanti

Il governo Draghi ha prorogato a ottobre il taglio al prezzo dei carburanti nell’ordine dei 30 centesimi sospendendo temporaneamente una quota delle accise. Quest’ultime sono state introdotte con due obiettivi. Il primo è garantire stabili introiti al governo. Le accise sui carburanti valgono circa il 5% delle entrate dello stato. Un altro importante ruolo è quello di rendere costoso un bene che dovremmo consumare meno (in quanto climalterante) di quanto non facciamo. Partendo da queste osservazioni - secondo Paolo Brunori e Giuseppe Coco - ci sono “cinque buoni motivi per cui il prossimo Governo dovrebbe intervenire diversamente”.

Primo. In assenza di un aggiustamento delle quantità continueremo a pagare ai nostri fornitori esteri somme ingenti. Al netto del movimento a rialzo dell’Iva e a ribasso delle accise. Questo implica un impoverimento, che richiederà un aggiustamento reale maggiore di quanto necessario per mantenere i consumi di carburanti.

Secondo. In un momento nel quale stiamo cercando disperatamente di ridurre la nostra necessità di importare gas e petrolio dalla Russia, indurre i consumatori a mantenere (relativamente) elevata la domanda vuol dire indebolire la nostra posizione contrattuale nei confronti della Russia. 

Terzo. Essendo il settore dei trasporti responsabile per circa un quarto delle emissioni di CO2, la riduzione dell’uso dei carburanti è uno degli strumenti che abbiamo a disposizione per centrare gli obiettivi climatici. Per questo motivo, imitando la Germania, dovremmo andare verso un sistema di prezzi diverso da quello di oggi in cui la benzina è costosa ma un viaggio in treno o in autobus è quasi gratuito.  

Quarto. Abbassando il prezzo di carburanti si mantiene relativamente elevato anche l’uso che ne fanno i settori produttivi. Le imprese sono in grossa difficoltà per le bollette esorbitanti. Ma è importante chiederci se, dopo i primi mesi in cui misure emergenziali sono giustificate, questo sostegno non dovrebbe essere usato per rendere più facile alle imprese orientarsi verso tecnologie meno energivore.

Quinto. I dati Istat 2020 sui consumi mostrano che la spesa per carburanti è maggiore per le famiglie più abbienti. I miliardi destinati a ridurre il prezzo dei carburanti finiscono quindi in maggior parte nelle tasche degli italiani meno in difficoltà. Il 10% più ricco gode del 13% delle risorse, mentre il 10% più povero ottiene solo il 5%.

Tutto ciò non si traduce necessariamente nel fatto che il governo non debba intervenire. “Misure a sostegno di imprese e lavoratori sono necessarie e urgenti, ma devono essere sganciate dal consumo di carburanti – concludono Paolo Brunori e Giuseppe Coco –. Persino un trasferimento pro-capite di denaro per una somma equivalente a quella necessaria per finanziare il taglio delle accise sui carburanti, ad esempio, sarebbe un’opzione preferibile da tutti i punti di vista sopra elencati”.

Il vero punto critico è che i fatti elencati in questo post evidenziano ancora una volta il problema di base: l’assoluta assenza di una politica economica di medio-lungo periodo.

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