È finita la ripresa globale? Sì, secondo alcuni indicatori saremmo vicini all'orlo del precipizio. No, non ancora, dice un'analisi più attenta degli stessi indici.
Dai grafici sul Pil sia dei singoli paesi sia delle forme aggregate (Pil mondiale, dei paesi avanzati, dell'eurozona, ecc.) emerge per tutti un rallentamento della crescita nel primo trimestre del 2018 rispetto all'ultimo trimestre 2017. L'eurozona, per esempio, negli ultimi tre mesi dell'anno scorso registrava un +2,8% su base annua, nei primi tre di quest'anno scende al +2,5. Tutte le maggiori economie dell'area euro rallentano rispetto alla spinta dell'anno passato e in primis le prime della classe, Germania e Francia. A seguire, Italia e Paesi Bassi.
Le cose vanno anche peggio fuori dal recinto della moneta comune. Il Regno Unito vede appesantirsi sia i valori attuali, sia le stime, via via che si avvicina la Brexit (lo abbiamo letto in questi giorni: Londra ipotizza tre scenari per il 29 marzo 2019, mite, serio e l'Apocalisse, ndr) e per il Giappone lo spettro della recessione è già realtà: il Pil del primo trimestre è in contrazione per la prima volta dal 2015. L'unica grande economia che si salva sono gli Usa, cresciuti del 2,9% nel periodo in esame. Il fatto, poi, che il tasso di disoccupazione abbia raggiunto per quasi tutti i maggiori paesi il livello pre-crisi (2008) preoccupa perché segnala la chiusura del gap tra Pil potenziale e Pil attuale e la fine dei margini di crescita.
Ma proprio il fatto che il paese che cresce di più, gli Stati Uniti, sia quello dove il tasso di disoccupazione è ampiamente sceso sotto il livello pre-crisi, sembra smentire la teoria che vede un futuro nero per chi ha già fortemente ridotto il numero dei propri disoccupati. Bisogna leggere bene alcuni rallentamenti. Per esempio, in Francia il primo è il trimestre delle scadenze fiscali, che determina quindi un calo dei consumi. In più le strategie delle banche centrali rimarranno, per quanto corrette, decisamente espansive per tutto l'anno in corso e, probabilmente, per parte del 2019. Non siamo, per ora, vicini al collasso. Dobbiamo, tuttavia, sapere che continueremo a marciare, anche nel 2019, ma a un ritmo meno sostenuto.