L’eredita degli Agnelli (e ora Elkann) è un puzzle fatto di denaro, reti di istituti bancari e società fiduciarie, una geografia internazionale che va dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche.
Quel che tuttavia alla Procura di Torino - dove gli Elkann sono indagati per truffa aggravata assieme al commercialista e presidente della Juve, Gianluca Ferrero, per la supposta falsa residenza svizzera della nonna Marella – continua a mancare è qualcos’altro: 138 tonnellate in lingotti d’oro. Il tesoro più segreto degli Agnelli.
Quell’oro - che ha rappresentato a lungo una leggenda degli Agnelli ma che, con il passare del tempo, trova sempre più elementi di prova - era del Senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat.
All’inizio degli anni ’20 era miliardario e alla fine della Seconda guerra mondiale aveva raggiunto la cifra di 40 miliardi di lire. Una cifra così alta da indurlo a convertire parte del proprio denaro in lingotti d’oro da depositare in Svizzera.
Alla sua morte, anche quell’oro, come molti altri beni, passò al nipote Gianni Agnelli, a cui fu consigliato di conservare una riserva segreta, per le sorti dell’azienda. Comprese le 138 tonnellate in oro.
Il tesoro del Fondatore, dunque. Quello che Gianni e poi John avrebbero potuto usare per sostenere la Fiat nei momenti bui. Ma per quelli c’erano sempre i soldi dello Stato.
L’oro si troverebbe nei caveau del Free Port di Ginevra, di proprietà della società Ports Francs et Entrepots de Geneve, e avrebbe un valore attualizzato pari 9,2 miliardi di euro.