Esistono tre shock negativi dell'offerta che potrebbero innescare una recessione globale entro il 2020. "Tutti riflettono i fattori politici che influenzano le relazioni internazionali", spiega l'economista Nouriel Roubini.
Il primo potenziale shock deriva dalla guerra commerciale e valutaria sino-americana. La seconda riguarda la guerra fredda tra Stati Uniti e Cina sulla tecnologia. In una rivalità che ha tutti i tratti distintivi di una "trappola di Tucidide" (con tale espressione si definiscono i rischi che possono essere causati dall’esacerbazione della rivalità tra due Stati in forte competizione tra loro), Pechino e Washington si contendono il dominio sulle industrie del futuro: intelligenza artificiale, robotica, e 5G. Il terzo rischio maggiore riguarda le forniture di petrolio.
Nell'idea di Roubini, tutti e tre questi potenziali shock avrebbero un effetto stagflativo, aumentando il prezzo dei beni di consumo importati, input intermedi, componenti tecnologici ed energia, riducendo la produzione interrompendo le catene di approvvigionamento globali.
Il rischio pertanto di un’implosione su vasta scala del sistema commerciale globale esiste. La domanda allora è se i politici monetari e fiscali siano preparati per uno shock dell'offerta negativo. "Oggi, tuttavia, le principali banche centrali stanno già perseguendo un allentamento della politica monetaria, poiché l'inflazione e le aspettative di inflazione rimangono basse", argomenta l'economista. In un certo senso sono dunque fuori gioco. E nel tempo, gli shock negativi sull'offerta tendono anche a diventare shock temporanei negativi sulla domanda che riducono sia la crescita che l'inflazione, deprimendo i consumi e le spese in conto capitale. Ecco allora che se il prezzo delle merci importate aumentasse ulteriormente a causa di uno di questi shock negativi sull'offerta, la crescita reale del reddito disponibile subirebbe un colpo, probabilmente portando l'economia globale in una recessione.
Considerato il potenziale di uno shock negativo della domanda aggregata nel breve periodo, le banche centrali hanno pertanto ragione ad allentare i tassi ufficiali. Ma anche i responsabili delle politiche fiscali dovrebbero preparare una risposta analoga a breve termine. Un forte calo della crescita e della domanda aggregata richiederebbe un allentamento fiscale anticiclico per evitare che la recessione diventi troppo grave.
Secondo Roubini, "nel medio periodo, tuttavia, la risposta ottimale non sarebbe quella di far fronte agli shock negativi dell'offerta, ma piuttosto di adattarsi a essi senza ulteriore allentamento. Tali shock non possono essere invertiti attraverso l'elaborazione di politiche monetarie o fiscali."
Emerge poi un altro aspetto dirimente, paragonando la crisi finanziaria globale del 2008 agli shock negativi dell'offerta che potrebbero colpire l'economia globale oggi. Poiché la prima è stata principalmente un grande shock negativo della domanda aggregata che ha depresso la crescita e l'inflazione, ha incontrato adeguatamente lo stimolo monetario e fiscale. Ma questa volta, il mondo si troverebbe di fronte a rilevanti shock negativi dell'offerta che richiederebbero un diverso tipo di risposta politica a medio termine. "Cercare di annullare il danno attraverso uno stimolo monetario e fiscale senza fine non sarà un'opzione ragionevole", chiosa Roubini.