Alla fine della Guerra Fredda, il politologo Francis Fukuyama sosteneva che una volta abbattuto l’ultimo ostacolo, il comunismo, il mondo poteva andare serenamente incontro al suo destino di democrazia liberale ed economie di mercato.
"Oggi, l'idea di Fukuyama appare piuttosto ingenua", sostiene il Premio Nobel per l'Economia, Joseph Stiglitz. Ma ha comunque rafforzato la dottrina economica neoliberista che ha prevalso negli ultimi 40 anni, basata sull’ipotesi che il mercato si autoregoli. E, pertanto, in questa ottica l’intervento dello Stato nell’economia non è di fatto più necessario. C'è, infatti, una "mano invisibile" (di smithiana memoria) che sistema tutto.
"La forma di globalizzazione prescritta dal neoliberismo ha tuttavia fatto saltare il banco e gli effetti della liberalizzazione del mercato dei capitali sono stati deleteri - spiega Stiglitz -. Se un candidato alla presidenza di un paese cosiddetto emergente perde il favore di Wall Street, le banche portano i propri capitali altrove. Così spesso gli elettori si ritrovano a scegliere tra arrendersi a Wall Street o affrontare una grave crisi finanziaria."
Anche nei paesi avanzati non va tanto meglio. Il messaggio è: “Non puoi perseguire le politiche che desideri, ad esempio uno stato sociale adeguato, salari dignitosi, tassazione progressiva o un sistema finanziario efficacemente regolato - perché il paese perderà competitività e molti posti di lavoro potrebbero essere tagliati”.
Sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, le élite hanno così per decenni promesso che le politiche neoliberiste avrebbero portato a una crescita economica più rapida e che i benefici sarebbero stati equamente distribuiti. Ma, per raggiungere questo presunto ‘Eldorado’, i lavoratori hanno dovuto accettare salari più bassi.
"Bene, dopo 40 anni, l’evidenza empirica smentisce questa impostazione: la crescita è rallentata e, soprattutto, i frutti di quella crescita sono andati nelle mani di pochi - aggiunge Stiglitz -. E mentre i salari sono rimasti stagnanti, il mercato azionario è salito alle stelle."
Ora stiamo vivendo le conseguenze politiche di questo "grande inganno": sfiducia nei confronti delle élite, ma anche della “scienza economica” su cui si basava il neoliberismo. E sembra che "la crisi finanziaria del 2008 non ci abbia insegnato che i mercati non si autoregolano. Ma ora potrebbe riuscirci la crisi climatica e ambientale", è la chiusura amara di Stiglitz.