Bmw e Tesla, insieme ai produttori cinesi di veicoli elettrici (tra cui Saic Motors, proprietario di MG Motor, BYD e Geely), hanno deciso di sfidare l’Ue sui dazi imposti da ottobre alle auto elettriche prodotte in Cina. Questo confronto legale evidenzia alcune questioni che riguardano il protezionismo commerciale, la transizione ecologica e la competitività.
La Commissione europea ha deciso di aumentare i dazi dopo un’indagine che ha messo in luce il supporto statale cinese ai produttori locali, tale da determinare un vantaggio pari a circa il 30% in termini di competitività di prezzo.
I nuovi dazi, che si aggiungono al 10% già esistente, colpiscono a geometria variabile: Tesla va incontro a un incremento del 7,8% (che si aggiunge al 10% già esistente), Bmw - che in Cina produce modelli di punta e Mini - del 20,7%, mentre Saic Motor paga il conto più alto (35%).
Sebbene l’obiettivo di Bruxelles sia quello di proteggere i produttori europei dalla concorrenza cinese, considerata sleale, non tutti condividono la strategia messa a punto dall’Unione. Anche Audi, del gruppo Volkswagen, ha fatto sapere di non gradire le politiche difensive e, piuttosto, appoggia la possibilità di cedere capacità produttiva nelle fabbriche europee a case cinesi pur di farle lavorare a pieno regime e preservare i livelli occupazionali.