“La Cina è quello che è perché noi la volevamo così: un Paese senza regole per i lavoratori, che inquinava, dove produrre il più possibile. Per questo abbiamo ingegnerizzato la sua entrata nella Wto. Poi ci siamo accorti che saliva i gradini...”. Filippo Santelli, il corrispondente di ‘Repubblica’ da Pechino nei mesi più neri della pandemia, ha chiara la situazione.
Sinofrenia
Il problema di noi occidentali è che ci lasciamo prendere dalla “sinofrenia”, come l’ha definita un giornalista di Bloomberg, per cui “a fasi alterne crediamo che la Cina sia destinata a collassare oppure a dominare il mondo” spiega l’esperto dell’Espresso Simone Pieranni.
Dialogare con la nuova potenza?
“È fondamentale invece avere una valutazione quanto più obiettiva possibile della Cina - ribadisce Santelli - del perché fa le cose, e molto spesso sono motivazioni non legate al resto del mondo ma a rapporti di forza interni al Paese. Vero è che ci sta sfidando. Ci troviamo di fronte a una potenza che adesso ha i mezzi per imporre la sua idea di mondo. Dobbiamo decidere come dialogare con quest’alterità o se contenerla, come si fece con l’Unione Sovietica, o un mix di queste cose: in alcuni campi collaborazione, in altri no.”
Big Tech, Xi Jinping e l’unico influencer
È osservando i rapporti tra il Partito comunista cinese e le sue grandi compagnie tecnologiche che si comprendono più cose. Ora che lo strapotere di Big Tech è inviso anche ai cittadini, il tema della privacy è dominante. "Il Partito cinese ha colto la palla al balzo - commenta Pieranni - e siccome Big Tech ha il potere di influenzare l’opinione pubblica, Xi Jinping, che in Cina deve essere l’unico influencer, ha iniziato a multarla. Ma l’idea non è annientarla, quanto rettificarla.” Santelli non ritiene tuttavia che la questione del controllo dei dati sia fondamentale per il Partito: “La Cina vuole controllare in modo tradizionale, con la mobilitazione sul territorio.”
996
C’è poi un altro aspetto. Come sostiene Pieranni, “l’ascensore sociale degli anni ‘90 si è rotto” e sempre più persone criticano un sistema che chiede tanto - la settimana 996 nelle aziende tecnologiche, dalle 9 alle 9 sei giorni su sette - per non dare più come in passato. Eppure – per Santelli - i giovani cinesi continuano a tollerare le disuguaglianze. I cinesi non vogliono la democrazia sono convinti di avere la loro e di avere un sistema che funziona.”