La doppia crisi dell’economia mondiale: 143 paesi avranno una battuta d’arresto. Gli Usa rischiano di perdere il dominio globale

L’Fmi, che teme il passaggio da un sistema globale unipolare (dominato dagli Usa) a uno bipolare (con l’entrata della Cina sulla scena), annuncia il taglio delle previsioni di crescita mondiale e la direttrice del Fondo pungola le banche centrali: “Devono agire”. A Francoforte, che ospita la sede della Bce, saranno fischiate le orecchie a qualcuno.

La doppia crisi dell’economia: 143 paesi avranno una battuta d’arresto

L’invasione russa ha causato una “massiccia battuta d’arresto” per la ripresa economica dalla pandemia di Covid-19, con una crescita più bassa e una maggiore inflazione attese nella maggior parte dei Paesi. A riconoscerlo è la direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. D’altronde il doppio gancio (Covid e guerra) avrebbe probabilmente steso anche Muhammad Ali, il più grande della storia della boxe. “A gennaio abbiamo già abbassato le nostre previsioni di crescita globale per il 2022 al 4,4% - spiega Georgieva -. Da allora, le prospettive sono notevolmente peggiorate, principalmente a causa della guerra e delle sue ripercussioni”.

Oltre alla crisi del gas russo e alle sanzioni verso Mosca, a gravare sull’economia mondiale ci sono anche l’aumento dell’inflazione, l’irrigidimento delle politiche monetarie e la nuova tornata di lockdown in Cina, che danneggia in maniera considerevole l’approvvigionamento di materie prime e componenti alle catene di produzione globali.

La crescita economica subirà quindi un declassamento per il 2022 che con tutta probabilità proseguirà anche nel 2023, dal momento che secondo le stime Fmi 143 economie domestiche (pari all’86% del Pil globale) avranno una battuta d’arresto a causa del conflitto. Nonostante questo, rassicurano le stime, per la maggior parte dei Paesi la crescita rimarrà ancora in territorio positivo.

Nessuna recessione, per ora. “Ma la guerra è nemica dello sviluppo - ha aggiunto la direttrice del Fondo - e adesso stiamo affrontando una crisi sopra a un’altra crisi”, riferendosi ai due fuochi sotto cui si trova attualmente l’economia mondiale.

Russia e Ucraina sono tra i principali esportatori di grano e fertilizzanti al mondo, e un rallentamento del commercio di questi prodotti andrebbe a colpire principalmente le aree del mondo in via di sviluppo che si trovano già in uno stato di insicurezza alimentare, come l’Africa Sub sahariana e alcune parti dell’America Latina.

Ma l’incubo principale resta l’inflazione, che secondo l’Fmi resterà elevata molto più a lungo del previsto. È su questo punto che Georgieva ha chiesto l’intervento immediato delle banche centrali, che “dovrebbero agire in modo più deciso”. A Francoforte, che ospita la sede della Bce, saranno fischiate le orecchie a qualcuno.

C’è un fattore che agita ancora di più l’Fmi. Il timore è che ad andare in frantumi sia la globalizzazione come l’abbiamo intesa fino ad ora, guidata a partire dal secondo dopoguerra dagli Stati Uniti, passando da un mondo unipolare a uno bipolare. “Un tale spostamento tettonico comporterebbe dolorosi costi di adeguamento – ha spiegato Georgieva -. Le catene di approvvigionamento, la ricerca e lo sviluppo e le reti di produzione sarebbero interrotte e dovrebbero essere ricostruite. I paesi poveri e le persone povere sopporteranno il peso di queste dislocazioni.”

Poi sottolinea che l’integrazione vista dopo la fine della Guerra Fredda aveva portato a una triplicazione delle dimensioni dell’economia globale e forti riduzioni della povertà per circa 1,3 miliardi di persone. Sì, tutto vero. Ma la direttrice dell’Fmi dimentica un dettaglio non di poco conto nella sua narrazione: la disuguaglianza, sebbene si sia ridotta su scala mondiale, è aumentata su base nazionale. Non è tutto oro quello che luccica.

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