L’aumento superiore alle attese del Pil cinese nel primo trimestre dell’anno non cancella le preoccupazioni per il futuro dell’economia cinese, chiamata ad affrontare un periodo di difficoltà per fattori nazionali e internazionali.
Lo hanno ammesso le stesse autorità di Pechino commentando la diffusione dell’ultimo dato, che vede un aumento su base annuale del Pil pari al 4,8% contro il +4% del trimestre precedente. L'aumento del Pil rispetto a quello del trimestre precedente è invece stato dell’1,3%, meno del periodo ottobre-dicembre 2021 sul terzo, pari all'1,6%.
Nel frattempo, la guerra contro l’Ucraina ha accelerato la divisione del mondo in due blocchi, uno comprendente le democrazie mondiali e l’altro che alcuni osservatori relegano allo status di autocrazie. Un processo che, a sua volta, ha messo in luce i rischi inerenti all’interdipendenza economica tra paesi profondamente diversi tra loro.
A dire il vero, la Cina era diretta almeno verso un parziale disaccoppiamento con gli Stati Uniti ben prima che la Russia invadesse l’Ucraina ed emerso in modo lampante durante l’amministrazione Trump. E Pechino ha cercato di far si che questo processo avvenga alle sue condizioni, riducendo la sua dipendenza dai mercati e dalla tecnologia statunitensi. A tal fine, nel 2020 la Cina ha svelato la sua cosiddetta strategia della doppia circolazione, che mira a favorire la domanda interna e l’autosufficienza tecnologica.
Eppure, nel 2021, la Cina era ancora il più grande esportatore mondiale, spedendo 3,3 trilioni di dollari di merci nel resto del mondo, con gli Stati Uniti come principale mercato di esportazione. In effetti, il commercio complessivo con gli Stati Uniti è cresciuto di oltre il 20% lo scorso anno. Anche gli scambi con l’Ue sono cresciuti, raggiungendo 828 miliardi di dollari, anche se i disaccordi sui diritti umani hanno silurato un controverso accordo di investimento Ue-Cina.
Numeri che spiegano il motivo per il quale - secondo Minxin Pei – potrebbe essere proprio la seconda economia al mondo il grande perdente della deglobalizzazione. Il che getta quantomeno un’ombra sui presunti buoni rapporti sull’asse Pechino-Mosca. Anche perché nel paese più popoloso al mondo non hanno dimenticato quanto avvenuto 70 anni fa, quando Mao Zedong, abbracciando l'autosufficienza economica e la militanza in politica estera, ha trasformato la Cina in uno stato paria impoverito. E ora la storia rischia di ripetersi visto che il presidente Xi Jinping sembra aver lasciato alla Russia la facoltà di dividere il mondo con la sua guerra all’Ucraina.
Il quadro globale resta profondamente incerto. Così incerto da far venire in mente la frase ipnotica usata spesso dai saltimbanchi: ‘Carta vince, carta perde’ piuttosto che una ragionata partita a scacchi.