L’arrivo della pandemia ha stroncato la crescita economica in molti paesi. E rallentato il Pil globale. Tra le grandi economie, solo la Cina nel 2020 ha evidenziato un prodotto interno lordo positivo.
Quando poi le cose sembravano sulla via della ripresa, sebbene l’inflazione da tempo avesse cominciato a mostrare chiari segnali al rialzo, è piombata sulla ripresa l’invasione russa dell’Ucraina, che ha aggravata il fragile equilibrio pre-esistente, facendo esplodere la crisi energetica e i prezzi al consumo, oltre a tenere in scacco mezzo mondo rispetto all’approvvigionamento di materie prime.
Ora in molti parlano di deglobalizzazione selettiva, ma il punto è che la fine dell’epoca dell’iperglobaizzazione era già cominciata con la grave crisi finanziaria del 2008-2009. E qui veniamo al punto di questo post.
Quando si valuta la ripresa di un’economia in seguito a un grave shock (come la pandemia o l’invasione russa dell’Ucraina), occorre sempre tenere a mente che alcuni paesi non si sono ancora ripresi da shock precedenti.
Prendendo ad esempio a riferimento le prime dieci economie al mondo, Italia e Francia non hanno ad oggi ancora recuperato i livelli di prodotto interno lordo registrati nel 2008, ovvero prima che ll’implosione della Lehman Brothers scatenasse l’inferno sull’economia statunitense e poi su quella globale.
I governi di Roma e Parigi riflettano sul fatto che non c’è stato un solo anno in cui il Pil domestico abbia superato o quantomeno raggiunto il livello del 2008, se non si vuole che altre crisi (a cominciare da quella ucraina) lascino una serie di cicatrici indelebili.