Verso deficit zero. Il governo del Portogallo è riuscito a ridurre il deficit pubblico allo 0,5% del Pil per la prima volta dalla Rivoluzione del 1974: 913 milioni di euro. Nel 2017 era pari a 5,77 mld, che si traduceva nel 3% del Pil.
Per il terzo anno consecutivo gli impegni di bilancio sono stati rispettati, così come gli accordi europei sul risanamento dei conti pubblici. Il Portogallo, che è guidato da un governo socialista dal 2016, ora guarda con più fiducia al futuro. E, a ottobre, i lusitani torneranno alle urne.
Lisbona è riuscita a riavviare un meccanismo virtuoso che partendo dalla crescita, dai conti pubblici e dalla conseguente credibilità ha moltiplicato la fiducia dei mercati che si è tradotta in una riduzione dei tassi di interesse ai minimi storici.
Il governo, sostenuto da due partiti di estrema sinistra, ha messo in atto un’efficace spending review. E allo stesso tempo ha sostenuto i redditi delle famiglie e usato la leva fiscale per attirare investimenti dall’estero. In prima fila, ovviamente, la Cina. La rinascita del paese iberico ha poi sfruttato in pieno la ripresa globale, ripartendo dallo sforzo accettato dai portoghesi nella lunga recessione.
Certamente, non è diventato tutto perfetto. Il debito è in diminuzione ma resta sopra il 120% in rapporto al Pil. C’è poi il rallentamento dell’economia globale e le difficoltà del settore bancario. Ma il rendimento dei titoli decennali del debito sono scesi all’1,27% (la metà rispetto a quelli italiani).