Proprio nei giorni in cui l'economia cinese evidenzia il rallentamento della sua corsa, Pechino si prepara ad inaugurare il 23 ottobre una megainfrastruttura. Il ponte più lungo al mondo, 55 chilometri, è pronto dopo 12 anni di lavori. Unisce Hong Kong, Zhuhai e Macao, le tre grandi città sul delta del Fiume delle Perle, in Cina e include un tunnel sottomarino di 6,7 chilometri collegato al ponte attraverso due isole artificiali.
Dal punto di vista ingegneristico, il ponte è qualcosa di unico: un'opera da fantascienza. Può resistere a terremoti di magnitudo 8, a super uragani e a scontri di meganavi da carico. Per costruirlo sono state utilizzate 400 mila tonnellate di acciaio, 4 volte e mezzo la quantità usata per costruire il Golden Gate (San Francisco).
A circa tre quarti dalla partenza si è resa necessaria la costruzione di un tunnel sommerso, perché il delta del Fiume delle Perle è una delle aree più trafficate al mondo: in quell'area circolano quotidianamente 4.000 navi ed era necessario lasciare loro un passaggio.
Il costo finanziario dell'opera è stato di 7,56 miliardi di dollari, oltre a ulteriori 4 miliardi e mezzo di dollari per le infrastrutture sul territorio. A cui occorre aggiungere il costo umano: 10 lavoratori morti e 600 infortunati. E, poi, il ritardo nel completamento dell’opera e l’impatto ambientale.
C'è, poi, una perplessità di base, che riguarda l’utilità in sé del ponte. Da un lato, c'è chi sostiene che permetterà di collegare città di altissimo valore economico, abbattendo tempi e costi di trasferimento e incentivando il turismo. Dall'altro, c'è chi sostiene che i collegamenti marittimi, aerei e ferroviari sono più che sufficienti e, dunque, la spesa non è valsa il risultato. In effetti, uno studio del 2008 prevedeva transiti sul ponte pari a 33.100 veicoli al giorno. Ma la stima è poi scesa a 29.100 nel 2016.
Il rischio è che il ponte Hong Kong-Zhuhai-Macao abbia un forte valore politico e un po' meno economico.