Xi Jinping celebra i 40 anni dalle riforme che hanno trasformato la Cina nella 2° economia al mondo

Le riforme introdotte nel 1978 hanno consentito alla Cina di diventare la seconda economia al mondo. Jinping ha garantito che "non cercherà mai l'egemonia globale" e non si svilupperà "a spese di altri paesi". Ma ha anche detto che “il sistema monopartitico non cambierà”

I 40 anni dalle storiche riforme che hanno trasformato il paese
Xi Jinping

Nessun cenno alla guerra commerciale. Tutto il discorso di Xi Jinping, pronunciato nella Grande Sala del Popolo in Piazza Tienanmen a Pechino - dove le manifestazioni di protesta furono brutalmente represse dall'esercito nel 1989 – è stato incentrato sull'anniversario dei 40 anni dalle riforme che hanno liberato la superpotenza cinese. Questo miracolo dimostra come il "percorso, la teoria, il sistema e la cultura" scelte dal Partito comunista "siano stati assolutamente corretti", ha detto Jinping. Ma il leader cinese ha anche messo in chiaro che Pechino non si discosterà dal suo sistema monopartitico.

Così in un'ora e mezza, il presidente ha ripercorso la cavalcata, innescata da Deng Xiaoping nel 1978, che ha trasformato Pechino da un paese agricolo nella seconda economia al mondo. È stato lui l'artefice delle riforme che hanno aperto la strada all'ascesa della Cina, ma Jinping sta imprimendo la sua impronta da quando è a capo del Governo (2012). Xiaoping aprì al libero mercato con una frase storica: "Diventare ricchi è glorioso". Mentre per Jinping il "sogno cinese" è ancora legato alla riaffermazione del controllo statale dell'economia con il Partito Comunista e la sua leadership al centro.

Dal 1978 centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà, ma la disuguaglianza nella distribuzione del reddito è aumentata. E, poi, negli ultimi anni la Cina ha lottato con l'aumento del debito e il rallentamento della crescita economica. A novembre, l'importante indice della vendita al dettaglio ha registrato la peggior performance da maggio 2003.

Intanto la Cina continua a reprimere il dissenso politico e la sua militarizzazione delle isole nel Mar Cinese Meridionale - attraversate da importanti rotte di navigazione - ha suscitato preoccupazioni tra i vicini asiatici. Anche l’abnorme piano internazionale “Belt and Road” – attraverso il quale la Cina sta costruendo strade, ponti e ferrovie in mezzo mondo – è un modo per indurre i paesi (in particolare quelli asiatici e africani) a indebitarsi con Pechino con il risultato di assoggettarli politicamente. Jinping, tuttavia, ha garantito che "non cercherà mai l'egemonia globale" e non si svilupperà "a spese degli interessi di altri paesi".

Aumentano nel frattempo gli appelli affinché sia ridotto il controllo centralizzato dello stato sull'economia diminuendo i sussidi alle imprese, creando condizioni omogenee per le aziende straniere e reprimendo il furto di proprietà intellettuale. Ma la strada è ancora lunga visto che la Cina si colloca attualmente al 59° posto tra i 62 paesi valutati dall'Ocse sulla base dell'apertura agli investimenti esteri.

Se, invece, tali cambiamenti fossero attuati aiuterebbero a disinnescare le tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Dopo aver siglato una tregua di 90 giorni sui dazi a margine del G20 in Argentina all'inizio di dicembre, il cessate il fuoco è di nuovo in bilico dopo l'arresto in Canada di Meng Wanzhou, amministratore delegato del gigante tecnologico Huawei, detenuta su richiesta delle autorità Usa che stanno cercando di estradarla per presunte violazioni delle sanzioni contro l'Iran. La Cina ha risposto con l'arresto di due cittadini canadesi, alimentando una nuova escalation delle tensioni.

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