A Pechino il gini è troppo tonic. Un coefficiente italiano smaschera il boom cinese

Lo sviluppo imperioso della Grande Muraglia nasconde un'ineguaglianza in aumento. Ci voleva uno studioso italiano per misurarla. E indicatori simili svelano la verità anche su benessere e ambiente

A Pechino il "gini" è troppo tonic

La grande stampa internazionale e i centri di analisi economica più qualificati utilizzano sovente un coefficiente messo a punto da uno studioso italiano, oltre mezzo secolo fa. Eppure, ad eccezione degli esperti, nella sua patria non se ne sa (quasi) nulla. D'altronde il nemo propheta l'abbiamo coniato noi, o meglio i nostri antenati. Questa è la storia di uno di noi, o meglio la breve storia dell'ultima appplicazione, in Cina, del coefficiente di Gini.

Che la crescita cinese sia straripante, questo sì, lo sanno tutti. Dal 1978, anno del “socialismo di mercato” introdotto da Deng Xiaoping per smuovere l'arretratissima economia cinese, il pil del Dragone è avanzato a colpi annuali del 10%. La corsa industriale ha portato la Cina al secondo posto nel mondo come Pil nominale (12 mila miliardi di dollari contro i 19 mila Usa) e in 40 anni ha ridotto la distanza del pil pro capite da un livello 40 volte inferiore rispetto a quello Usa a poco più di 3 (dati Fmi).

Una crescita spaventosa della ricchezza nazionale che ha anche fatto pensare, come sua naturale conseguenza, che potesse “toccare”, almeno approssimativamente, tutta la popolazione e attenuare, così, le differenze reddituali, drammatiche nell'era di Deng, se si pensa alla povertà assoluta di certe comunità rurali cinesi. E qui entra in scena Corrado Gini, economista e statistico vissuto a cavallo tra '800 e '900 il cui coefficiente è di una rappresentatività, e nello stesso tempo semplicità, straordinaria. La società perfetta ha “un Gini” di valore 0, in cui tutti hanno lo stesso reddito; quella invece sommamente iniqua è rappresentata dal valore 1: tutto nelle mani di un individuo.

Bene. Il boom economico non solo non ha ridotto le distanze tra cittadini cinesi, ma le ha fatte esplodere. Nel 1980 il coefficiente di Gini valeva 0,3, negli ultimi dieci anni è allo 0,5. Tanto è vero che la fetta di prodotto interno lordo afferibile al 10% più ricco del Paese è salita nei 40 anni dal 27% al 41. E la crescita economica complessiva non ha beneficiato neanche altre  importanti “voci” di una comunità nazionale, le libertà politiche e civili, la felicità e il benessere e infine la salvaguardia ambientale. Anzi, all'opposto: ha stretto le maglie dell'autoritarismo sul dissenso e saccheggiato le risorse naturali e fatto della Cina il paese più inquinato al mondo con il 28% delle emissioni totali di anidride carbonica.

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