L'economia cinese frena ancora nel quarto trimestre e segna il 6,4%. Il che si traduce in una crescita economica del 6,6% su base annua. Non scendeva così in basso dal 1990. La seconda economia al mondo, dunque, rallenta, confermando le attese degli analisti, ma non deraglia.
Intanto la Cina resta esposta agli shock esterni, a cominciare dalle bordate della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Per questo Pechino preme per trovare un accordo con Washington, prima della scadenza della tregua sui dazi fissata al primo marzo. Il 30 gennaio Liu He, il capo negoziatore del presidente Xi Jinping, sarà negli Usa per un nuovo round di negoziati. Solo a quel punto la Cina dovrebbe definire gli obiettivi di crescita per l’anno appena iniziato.
I segnali, tuttavia, non sono molto confortanti per il Dragone. La produzione industriale sale del 5,7% annuo a dicembre e del 6,2% su base annua. Le vendite al dettaglio in Cina segnano l'8,2% nell’ultimo mese del 2018 e il 9% nell’intero anno. Stabili (seppur a livelli bassi) gli investimenti. Sarebbero dati notevoli per un'economia europea, ma troppo poco per un paese come la Cina abituato a un lungo periodo di crescita molto robusta.
La Banca Centrale, pur senza toccare i tassi di interesse, ha garantito una politica monetaria accomodante. Sarà sufficiente per risalire la china? Guardando a come negli ultimi mesi si sia deteriorata la fiducia di aziende e consumatori, potrebbe non esserci la ripresa immediata auspicata da Pechino, anzi è possibile il verificarsi di un peggioramento ulteriore della situazione macroeconomica prima di rilevare un’inversione di tendenza. Nel frattempo l’economia globale resta con il fiato sospeso.