Il 23 novembre il governo cinese ha dichiarato di aver eradicato la povertà assoluta nel paese. Il raggiungimento dell’obiettivo – che è stato criticato per i metodi, i criteri di misurazione e la sua stessa sostenibilità – è frutto innegabile di una campagna che ha portato a risultati inimmaginabili in altre aree del mondo. “Circa 750 milioni di persone sono uscite dalla povertà in poco meno di trent’anni – spiegano Alessia Amighini, Irene Solmone e Massimo Taddei - e la Cina ha contribuito per il 60% alla riduzione del tasso di povertà mondiale tra il 1990 e il 2018”.
Il miglioramento delle condizioni di vita non si è limitato ai servizi di base (ad esempio l’accesso all’acqua potabile ancora oggi resta limitato per circa 100 milioni di persone, ma 20 anni fa lo era per più di 250 milioni), ma ha contribuito all’espansione della classe media cinese. “Oggi il reddito pro capite è dieci volte quello del 2000 (da 940 dollari all’anno a 10.410 dollari nel 2019) – aggiungono i tre economisti - e poco più della metà della popolazione rientra nella classe di reddito media secondo la classificazione della Banca Mondiale (tra 3650 e 18.250 dollari l’anno)”.
Questi risultati mettono la società cinese sulla buona strada per diventare “moderatamente prospera”, come annunciato da Xi Jinping durante il diciannovesimo congresso del Partito comunista cinese nel 2017. Infatti, “la dimensione della coorte dei redditi medi è passata da oltre 100 milioni nel 2010 a più di 400 milioni nel 2019 – commentano i tre studiosi - e si prevede che il numero raddoppierà a 800 milioni entro il 2035”.
Se i progressi fatti sono inequivocabili – mettono in guardia Alessia Amighini, Irene Solmone e Massimo Taddei - “i mezzi utilizzati per raggiungere gli obiettivi di Xi Jinping sono stati molto criticati e la Cina è ancora lontana dal poter dire di aver risolto completamente il problema della povertà, che resterà una sfida anche dopo il 2020. Il 17% della popolazione cinese (237,2 milioni di persone) vive ancora al di sotto della soglia di povertà della Banca Mondiale per i paesi a reddito medio-alto.”