Cosa succede alla Cina: sull’orlo della stagflazione?

Solo +0,4% nel secondo trimestre: la crescita peggiore dal 1992. Il caso Shanghai, che ha registrato una contrazione del Pil del 13,7%

Pechino sull’orlo della stagflazione?

I duri lockdown di aprile-maggio presentano il conto e l’economia cinese frena bruscamente nel secondo trimestre, mentre i rischi globali spingono il Paese sull’orlo della stagflazione. Il Pil del trimestre aprile-giugno è cresciuto appena dello 0,4% sul 2021, il peggior risultato per la seconda economia mondiale dal 1992, ad eccezione della contrazione del 6,9% nel primo trimestre del 2020 causata dallo shock iniziale del Covid. L’aumento previsto dell’1% non è stato raggiunto e la crescita del 4,8% del primo trimestre è solo un ricordo: il Pil registrato da aprile a giugno non ha superato il 2,6% su base trimestrale.

Le manifestazioni di protesta agli sportelli e lo sciopero del pagamento dei mutui delle case travolte dai default dei real estate non rappresentanto un segnale confortante per il paese più popoloso al mondo. La crescita economica della Cina ha gìà subito un forte rallentamento nel secondo trimestre, al quale si aggiungono i timori di una recessione globale davanti all’aumento dei tassi di interesse in Europa e Stati Uniti deciso per tenere a bada l’inflazione galoppante. Anche per la Cina si profilano così momenti bui davanti alle sfide della guerra in Ucraina e alle continue interruzioni della catena degli approvvigionamenti. Nei fatti, l’economia di Pechino è sull’orlo della stagflazione.

Eppure, la produzione industriale cinese è cresciuta del 3,9% a giugno rispetto all’anno precedente, accelerando da un aumento dello 0,7% a maggio. Gli investimenti in immobilizzazioni, un fattore trainante per Pechino, sono cresciuti del 6,1% , oltre le previsioni. Anche le vendite al dettaglio sono migliorate, in aumento del 3,1% su base annua a giugno segnando la crescita più rapida in 4 mesi. Ma questo dimostra soltanto che il freno principale ai consumi sono stati i lockdown.

Crescita modesta e inflazione in aumento potrebbero quindi spingere il governo cinese ad implementare misure di stimolo economico, ma è escluso che la Banca centrale tagli ancora i tassi di interesse poiché così alimenterebbe l’inflazione che è stata mantenuta relativamente bassa al momento. Ma è altrettanto vero che, a fronte dell’incremento dei tassi da parte dei tre quarti delle banche centrali a livello globale, aumenta il rischio di deflusso dei capitali.

Un fatto è certo, i mercati finanziari cinesi sono inquieti, le azioni in altalena, mentre lo yuan è sceso al minimo negli ultimi due mesi. A questo punto, l’obiettivo ufficiale di crescita di circa il 5,5% per quest’anno sarà difficile da raggiungere senza eliminare la sua rigorosa strategia zero-Covid.

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