Macron annuncia il “Reddito universale” entro il 2020. Piano povertà da 8 miliardi

La misura rientra in un piano contro la povertà da 8 miliardi in quattro anni. Così il "presidente dei ricchi" prova a rilanciarsi

Macron annuncia il “Reddito universale” entro il 2020
Emmanuel Macron

Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato l'introduzione di un “Reddito universale di attività” entro il 2020. La misura, che punta a garantire a tutti di “vivere degnamente”, rientra nel quadro del nuovo piano anti-povertà da 8 miliardi in quattro anni. Così, quello che molti in Francia chiamano il “presidente dei ricchi” prova a invertire la storia raccontata dai sondaggi, ovvero di un leader in forte calo. Soltanto il 29% dei suoi connazionali continua a credergli.

Nell’idea di Macron sarà un “Reddito universale perché ognuno potrà pretenderlo non appena i suoi redditi passeranno al di sotto di una certa soglia”. E definisce la misura “semplice, equa e trasparente”.

In molti hanno visto una forte similitudine tra l’idea presentata da Macron e quella avanzata dal M5s in Italia. Ma ciò è vero soltanto in parte. In comune tra i due strumenti c’è l’idea di base, ovvero fornire uno strumento selettivo di sostegno al reddito di ultima istanza condizionato ad un piano di attivazione. Che altro non è che il “Reddito minimo di inserimento”, una misura prevista in Francia dal 1988.

Quindi, in cosa differisce la nuova proposta di Macron dal "Revenu minimum d'insertion"? Espande la platea dei beneficiari. Riduce a tal punto la condizionalità da far avvicinare il “Reddito universale” al “Reddito di cittadinanza”, che è invece effettivamente universale in quanto erogato a tutti i cittadini indistintamente. Si tratta, tuttavia, di una misura che nessun paese al mondo ha ancora applicato (la Finlandia l'ha sperimentata di recente ma sembra aver rinunciato all’idea di introdurla stabilmente). Il criterio di selezione, assente nel "Reddito di cittadinanza", diventa dirimente nel progetto del presidente francese. E qui siamo al secondo elemento di novità. Ogni beneficiario dovrà iscriversi in un “percorso di inserimento in cui sarà impossibile rifiutare oltre due offerte ragionevoli di lavoro” ha concluso Macron.

E, qui, bisogna intendersi, su due aspetti. La maggior parte dei potenziali beneficiari di uno strumento di sostegno al reddito non si trova nella possibilità di essere avviata al lavoro. Occorre, poi, l’altra metà della mela: che siano presenti imprese disponibili ad assumere. Puoi avere il miglior Centro per l’impiego del mondo, ma se a mancare è proprio la domanda di lavoro diventa complesso far funzionare la misura. È forse proprio per questo che il governo italiano si ostina a definire “Reddito di cittadinanza” quello che a tutti gli effetti parrebbe essere un “Reddito di inserimento”?

Nel caso della Francia - dove la disoccupazione non è così polarizzata a livello geografico come ad esempio in Italia, l’evasione fiscale è meno pronunciata (il che diventa un fattore chiave per intercettare le persone effettivamente in stato di bisogno) e la pubblica amministrazione è più efficace ed efficiente - misure di questo tipo possono avere più successo.

Macron lo sa e per provare a recuperare la credibilità perduta gioca anche la carta delle frasi ad effetto: "Essere indigenti non deve più tradursi in un'eredità: oggi servono 180 anni a un bambino povero affinché qualche suo discendente acceda alla classe media", ha detto il capo dell'Eliseo. Aggiunge, poi, citando Saint-Exupery nel romanzo "Terre des Hommes": "Quando impediamo a un bambino di diventare ciò che vuole, è Mozart che assassiniamo".

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