Lo scorso novembre un funzionario della sanità zimbabwiana ha rivelato che dal 2021 più di quattromila lavoratori (tra medici, infermieri e altri operatori sanitari) hanno lasciato il paese per andare a lavorare all’estero. Molti dei professionisti partiti per l’estero hanno trovato lavoro nel Regno Unito, un altro paese che soffre per la carenza di personale qualificato.
Lo Zimbabwe è uno di quegli Stati a basso reddito dove il numero degli operatori sanitari è inferiore a 23 su diecimila abitanti, una soglia considerata critica dall’Oms, sotto la quale non è possibile fornire i servizi essenziali.
L’esodo degli infermieri riguarda anche il Kenya, come scrive Betty Guchu su The Elephant. I salari offerti da cliniche e case di cura negli Stati Uniti, Canada, Australia, Irlanda e Regno Unito sono più appetibili di quelli che potrebbero ricevere nel loro paese.
Sul Financial Times Aanu Adeoye scrive che la Gran Bretagna è, insieme al Canada, un “El Dorado per i giovani della Nigeria”, un altro paese che assiste a una massiccia fuga di lavoratori qualificati.
Nel 2019 uno studio del Pew centre statunitense aveva rilevato che il 45% degli adulti nigeriani progettava di emigrare nell’arco di cinque anni. Nel 2021 sono stati rilasciati a cittadini nigeriani quasi 16mila visti per “lavoratori qualificati”, tra dottori, infermieri, ingegneri informatici e consulenti aziendali.
Anche la Germania è una destinazione gettonata. “Se getti una pietra a Berlino, rischi di colpire uno sviluppatore di software nigeriano”, scrive Adeoye, riprendendo una battuta che circola tra gli informatici berlinesi.
La fuga all’estero di lavoratori formati è una questione centrale per l’Africa, ma anche per lo sviluppato mondo occidentale che pur di tamponare il declino demografico prova (al di là di più o meno roboanti annunci politici contro l’invasione dei migranti) a drenare forza lavoro dai paesi in via di sviluppo. Si stima che nel 2030 il 42% dei giovani del mondo sarà nato in Africa. Un dividendo demografico cruciale per lo sviluppo del continente che però non riesce a placare la ‘fame’ dei paesi ricchi.