In una calda gioranta di fine luglio la rete internazionale Enda Tiers-Monde ha presentato a Dakar il Rapporto alternativo sull'Africa. Si pone un obiettivo chiaro ma arduo: eliminare i pregiudizi epistemologici, economici e culturali attraverso i quali gli studi - principalmente europei e statunitensi - tendono ad analizzare il continente.
Le istituzionali internazionali più in voga, come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l'Ocse e l'Organizzazione mondiale per il commercio, spiegano la loro visione dello sviluppo sul continente senza tener conto della concreta realtà africana. Trovano difficile decifrare i cambiamenti e le trasformazioni che stanno avvenendo nel continente.
E per questo motivo lo studio, che ha coinvolto 40 ricercatori, è per nulla esoterico, scende sul pratico e si propone di mettere in discussione gli indicatori macroeconomici comunemente usati per misurare lo sviluppo.
Per molto tempo in Africa è stata calcolata la disoccupazione secondo le indicazioni fornite da un’agenzia Onu – l’International Labour Office – secondo cui una persona non retribuita non è considerabile occupata. Tuttavia, in paesi come il Senegal, il settore informale riguarda quasi il 90% dei reali posti di lavoro. Il che lascia intendere che vi sia una forma di compensazione diverso dal salario.
Un altro indicatore giudicato nel rapporto inadeguato è il prodotto interno lordo. Troppo meccanicistico e freddo per poter includere aspetti relazionali che nel caso africano assumono un’importanza rilevante. Meglio vedere allora lo sviluppo come un'estensione delle libertà sostanziali, prendendo spunto dalla teoria dall'economista indiano Amartya Sen, vincitore del premio Nobel per l'economia, nel 1998.
Alcuni paesi sono passati all’atto pratico. Ad esempio, nella Costituzione del Bhutan è stato inserito già dal 2008 un nuovo indicatore: la felicità nazionale lorda in sostituzione del prodotto nazionale lordo.
Al di là dell’aspetto romantico della scelta del governo bhutanese, siamo sicuri che il benessere dei cittadini del paese africano sia migliorato in modo significativo negli ultimi dieci anni? Oppure il nuovo indicatore è uno strumento nelle mani del governo che ha l’interesse a mitigare gli effetti spesso modesti delle proprie politiche di sviluppo? E, poi, il Rapporto alternativo sull'Africa si presenta come campagna anti-occidentale ma è finanziato da due fondazioni occidentali: la statunitense Rockefeller e la tedesca Rosa-Luxemburg. Ciò, tuttavia, non significa che lo studio non possa riuscire a stimolare gli africani ad autodeterminarsi di più.