I sistemi sanitari pubblici sono generalmente classificati secondo tre criteri.
Il più importante è la modalità di finanziamento. Si distingue in proposito tra: 1. modelli mutualistici, o di “social health insurance” (noti anche come modelli “Bismark”) in cui la copertura sanitaria è garantita a fronte di contributi obbligatori versati dall’assicurato; 2. modelli in cui i finanziamenti vengono dalla fiscalità generale, cioè una parte delle entrate dello Stato sono usate per finanziare la sanità e ciascun cittadino può accedervi (modelli universalistici, “tax-financed”, noti anche come modelli “Beveridge”); in pratica la distinzione talvolta non è così netta perché lo stato può intervenire anche nei sistemi mutualistici per integrare le risorse disponibili dai contributi, per esempio a favore di certe categorie di persone (es. disoccupati).
In secondo luogo, la natura del fornitore delle prestazioni: pubblica, privata a scopo di lucro o privata non-profit (come istituti religiosi e fondazioni). Solitamente i modelli mutualistici si affidano parimenti a enti sanitari pubblici e privati, mentre i modelli universalistici prediligono gli enti sanitari pubblici.
In terzo luogo, il ruolo dei vari livelli di governo: nazionale, regionale o comunale.
Tra i paesi Ocse che adottano un sistema sanitario mutualistico ci sono Germania, Francia, Austria, Belgio, Olanda, Svizzera, Norvegia, mentre un modello universalistico è adottato da Regno Unito, Italia, Spagna, Danimarca, Finlandia, Svezia. Esistono anche sistemi “misti” che combinano le caratteristiche dei due modelli tipo a Taiwan e in Corea del Sud.