Prima era arrivata la notizia, poco rassicurante, sul Pil, che ha certificato una crescita zero nel secondo trimestre del 2023 in un paese, la Germania, già in recessione tecnica. Poi è arrivata oggi (7 agosto) la mazzata sulla produzione industriale che, a giugno, è ulteriormente scesa dell’1,5 per cento rispetto al mese precedente: lo ha reso noto Destatis, l'ufficio federale di statistica. Gli analisti si aspettavano un calo più contenuto (-0,5 per cento).
La produzione industriale tedesca è crollata a causa degli alti prezzi dell’energia e dei tassi di interesse. Tra gli altri, il settore automobilistico, peso massimo dell’industria domestica, ha registrato un significativo arretramento del 3,5 per cento.
E non finisce qui. A rendere ancora più cupo il quadro sono le previsioni. “Le prospettive per l’economia industriale restano fosche nonostante l’aumento della domanda, perché queste sono fortemente influenzate dalle fluttuazioni dei grandi ordini. Viste le modeste aspettative delle aziende in materia di attività e di esportazioni, al momento non si intravedono segnali di una ripresa apprezzabile”, è il laconico commento del ministero dell’Economia.
Gli altri paesi europei, con Italia in testa (la Germania è il principale partner commerciale del Bel Paese), hanno poco da rallegrarsi visto il livello di integrazione tra l’economia della locomotiva del Vecchio Continente e quella comunitaria. Vale sempre il principio: “Quando l’economia tedesca starnutisce, quella italiana prende il raffreddore”. Uno scenario che potrebbe verificarsi in autunno. Ma rischia di non essere un male stagionale.