La prima economia europea rallenta. Sebbene la Germania stia attraversando uno dei cicli di crescita più lunghi dal dopoguerra, le stime sul Pil sono state riviste al ribasso: 1,6% nel 2018 e 1,5% nel 2019.
La frenata è dovuta a un contesto meno favorevole del commercio estero e a un calo della crescita mondiale. Ma hanno inciso anche alcuni fattori (relativamente) temporanei come quello del settore automobilistico che in Germania conta 800 mila addetti.
Pesano ora e in prospettiva sfide come il protezionismo di Trump, la Brexit, la turbolenza nell’eurozona causata dall’Italia, la digitalizzazione e la crescita demografica. Sono le principali considerazioni incluse nel rapporto annuale pubblicato oggi dal Consiglio degli esperti economici tedeschi, un think tank tenuto in considerazione dal governo di Berlino.
Le sfide più grandi per l'economia tedesca sono di carattere internazionale e nazionale. Sono collegate prima di tutto al futuro dell’ordine multilaterale nell'economia mondiale e al cambiamento demografico.
Per il Consiglio degli esperti, il rafforzamento dell’Ue è in parte il modo per rispondere alle sfide internazionali, mentre un cambiamento strutturale attraverso la digitalizzazione è il modo per risolvere le sfide nazionali: servono dunque “riforme coraggiose” - a cominciare da quella delle pensioni - per migliorare l’assetto dell'economia tedesca.
I rischi in termini di sviluppo economico sono individuati in un'escalation della guerra commerciale nel mondo, una Brexit disordinata, oppure il ritorno di una crisi nell'eurozona: tra le sfide per l'Ue viene evidenziata quella crescente posta dai partiti euroscettici come in Italia.