L’abnorme surplus commerciale tedesco alla fine potrebbe rivelarsi un boomerang per Berlino. E alla lista dei sostenitori di tale tesi si è ora un po’ a sorpresa aggiunto il Fondo monetario internazionale. Secondo l’organizzazione con sede a Washington, quell’ossessione – disavanzo zero - rischia di impoverire l'Europa e anche la classe media tedesca. E, così facendo, si mette un tappo all’economia europea la cui crescita boccheggia.
Draghi ha assicurato interventi di emergenza della Bce. Ma, con i tassi d'interesse sotto zero, i margini della politica monetaria sono molto limitati. Tocca ai governi intervenire attraverso la politica fiscale, spendendo di più o tassando di meno. Nell’occhio del ciclone stanno finendo non i negligenti paesi dell’Europa del Sud, bensì quelli del Nord: Olanda e Germania. Secondo molti dovrebbero ridurre l'enorme attivo dei conti con l'estero e rilanciare la domanda interna il che aiuterebbe tutti i paesi dell'Eurozona, alimentandone le esportazioni verso la Germania.
Invece, l'attuale modello di sviluppo sta rapidamente allargando le diseguaglianze. Il lungo boom del Pil non sta favorendo (tutti) i tedeschi, ma solo una parte di loro. Dal 2000 il reddito disponibile delle famiglie tedesche è aumentato solo del 10%. Ma alla metà più povera è arrivato poco o nulla di quell’incremento. Il risultato è che il 10% più ricco detiene il 60% della ricchezza nazionale. Il surplus commerciale si traduce in utili aziendali, che rimangono nelle tasche di pochi anche perché la proprietà delle aziende è concentrata. E, nel frattempo, gli investimenti non decollano. Fine del circolo vizioso.