L’Australia è entrata nella sua prima recessione dal 1991, con una riduzione del 7% del Pil nel secondo trimestre (a fronte del calo dello 0,3% rilevato nei primi tre mesi).
Si tratta della contrazione trimestrale più rapida mai registrata nel Paese, dopo aver vissuto 30 anni di crescita continua che non si è fermata nemmeno durante la crisi finanziaria del 2008, quando la domanda proveniente dalla Cina per le sue risorse naturali continuò a sostenere l’economia.
All’inizio del 2020, il Pil ha subito gli effetti di una stagione ‘estrema’ dal punto di vista degli incendi che hanno distrutto 12 milioni di ettari di foreste e, poi, è arrivato il Covid-19.
Il governo di Scott Morrison ha già pompato più di 147 miliardi di dollari in stimoli economici. Alla fine nel secondo trimestre l’Australia è andata meglio di molte altre economie (ad esempio Usa -9,5%, Regno Unito -20,4%, Francia -13,8% e Giappone del -7,6%). Ma quasi 1 milione di persone ha perso il lavoro.
E ora? L’Australia ha avuto una crescita economica costante per decenni con forti esportazioni di carbone, ferro e gas naturale verso una Cina in forte espansione. Anche il turismo è stato un grande volano del Pil. Ma occorre vedere se e come ripartirà il mercato.
C’è poi un altro ostacolo. I rapporti con Pechino, il più grande partner commerciale dell’Australia, sono sempre più tesi. E non è stata di aiuto la decisione del governo australiano di sostenere un’inchiesta globale sulle origini del coronavirus ad aprile. Cosa che ha fatto infuriare la Cina.