La lezione del paziente inglese

La cura da cavallo iperliberista decisa dalla neopremier Liz Truss scatena la tempesta sui titoli di Stato inglesi e sulla sterlina. La Bank of England interviene prontamente. Ma la Bce non potrebbe fare altrettanto in caso di necessità

La lezione del paziente inglese
Liz Truss

L’aliquota fiscale più alta, quella del 45% applicata ai redditi superiori alle 150.000 sterline, è stata abbassata al 40%. Il tetto alla parte variabile delle retribuzioni dei manager bancari (i cosiddetti bonus), imposto dalle regole Ue, è stato abolito, nella speranza di rendere più attrattiva la City. L’aumento delle imposte societarie dal 19% al 23% è stato sospeso. È in sintesi il pacchetto di misure (iper-liberista) deciso dal governo britannico guidato dalla neopremier Liz Truss.

Il conto degli interventi è salato: circa 50 miliardi di euro da finanziare a debito. A ciò si aggiungono i provvedimenti per sostenere imprese e famiglie di fronte all’impennata dei prezzi energetici. La reazione dei mercati finanziari è stata veemente (rapido calo del cambio e della borsa, impennata dei rendimenti dei titoli di Stato), costringendo la Bank of England a intervenire con un piano di acquisti di titoli di Stato potenzialmente illimitato nelle quantità seppure temporaneo.

Cosa può apprendere l’Italia dall’esperienza britannica? Il debito pubblico del Regno Unito è pari al 100% del Pil, quello italiano è al 145%. Tuttavia, come detto, i mercati hanno reagito bruscamente ad una manovra espansiva, inattesa e finanziata a debito, che cozza con la priorità del momento: la lotta all’inflazione.

Quanto successo sul mercato dei titoli di Stato britannici risuona come un monito su quanto potrebbe accadere sul mercato dei titoli italiani se il prossimo governo desse davvero seguito ad alcune promesse elettorali, quali l’estensione della flat tax, l’aumento delle pensioni minime a mille euro e l’applicazione di ‘quota 41’ come requisito per il pensionamento.

E qui entra in gioco la Bce. Se un paese membro dell’Eurozona annunciasse un improvviso aumento del disavanzo pubblico, e questo annuncio venisse accolto male dai mercati finanziari, sarebbe difficile per il Consiglio direttivo della Bce intervenire prontamente a sostegno del debito di quel paese.

In Gran Bretagna, la BoE può decidere di finanziare (temporaneamente) il settore pubblico. Nell’Eurozona è tutto più complicato, perché il sostegno al debito di un singolo Stato membro normalmente non incontra l’approvazione dei 19 paesi aderenti alla moneta unica (dal primo gennaio diventeranno 20 con l’ingresso della Croazia).

Il che ci riporta al nodo ad oggi irrisolto: politica monetaria (quasi) unica e politiche fiscali nazionali. Il discorso cambierebbe se si riuscisse a fare il salto verso gli Stati Uniti d’Europa. Ma quello che sta accadendo sull’energia, una giungla di interessi contrapposti, induce a supporre che la pendenza della strada è ulteriormente salita. 

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