Diventano minoranza nel Regno Unito i cristiani osservanti censiti, sullo sfondo delle tendenze legate al processo di secolarizzazione della società e a una composizione etnica sempre più multiculturale e multietnica, che per una parte rilevante è collegata ai fasti del passato coloniale del Regno Unito.
Lo rivelano gli ultimi dati elaborati dall’Office for National Statistics (Ons) relativi al censimento condotto nel 2021 nel Paese e riferiti in particolare a Inghilterra e Galles. In queste due nazioni del Regno (che insieme assommano circa il 90% dell’intera popolazione britannica, pari a 67 milioni di persone), il totale di chi si dichiara cristiano non supera adesso il 46,2% degli abitanti, contro il 59,2 registrato nel 2011. In cifra assoluta si passa da 33,3 milioni e a 27,5 milioni di cristiani.
I cittadini britannici di fede musulmana dichiarata residenti in Inghilterra e Galles salgono viceversa dal 4,9 del 2011 al 6,5% attuale; così come in crescita sono gli induisti (oggi rappresentanti a Downing Street da un primo ministro correligionario e d’origini familiari indiane, Rishi Sunak) e altre minoranze religiose. A Londra coloro che affermano di praticare fedi diverse dalle confessioni cristiane superano ormai il 25%. Più graduale appaiono i cambiamenti sul piano etnico: con un 81,7% di abitanti che tuttora si identificano come ‘bianchi’, sia pure in calo rispetto all’86% di 11 anni fa.
Tutti questi dati confermano la natura multietnica del Regno Unito e ci ricordano che riconoscere e istituzionalizzare la diversità può aiutare a far crescere il dialogo e la coesione sociale. Migliaia di immigrati trovano nelle proprie tradizioni religiose un ancoraggio identitario, un collante sociale, una fonte di speranza e di solidarietà. Le comunità religiose rappresentano un punto di riferimento in primo luogo per uscire dall’isolamento e dalla solitudine. Sono protagoniste di forme di soccorso sociale, di una sorta di ‘welfare dal basso’.