I membri Ue dell’Europa centro-orientale hanno svolto un ruolo particolarmente dinamico negli ultimi vent’anni, diventando dapprima il braccio manifatturiero dell’Ue e attirando grandi quantità di investimenti diretti esteri (Ide), convergendo gradualmente verso i redditi medi dell’Unione. L’area si è poi evoluta (in parte) verso produzioni a maggior valore aggiunto e verso il settore dei servizi.
È stata certamente una storia di successo dal punto di vista economico. Tuttavia, più di recente, il processo di convergenza ha perso slancio, soprattutto a causa di fattori strutturali più che ciclici.
Due terzi della convergenza del Pil pro-capite sono stati raggiunti nel primo decennio dopo l’adesione all’Ue e solo un terzo nell’ultimo decennio. Gli afflussi di Ide, pari al 5,2% del Pil negli anni Duemila, sono rallentati nel decennio successivo alla crisi finanziaria globale (2,4% del Pil in media).
La questione è rilevante anche per lo Stivale. Tra le imprese italiane con presenza estera, una su sei è presente in Centro-Est Europa (una su tre tra le imprese italiane nell’Unione europea). Al contempo, i paesi del Centro-Est Europa assorbono il 10% dell’export italiano di beni (quasi il doppio che due decenni addietro). L’export italiano verso i paesi dell’area, quintuplicato negli ultimi 25 anni, vale ben tre volte quello destinato al mercato cinese.
Il vantaggio competitivo dei paesi centro-orientali rimane ancorato al settore manifatturiero – per esempio la Repubblica Ceca, la Polonia, la Slovacchia e l’Ungheria sono classificate tra i primi trenta paesi industriali a livello globale – con un ruolo particolarmente forte nel settore automobilistico (ora in grave difficoltà nel Vecchio continente).
La regione, infatti, fa ancora più affidamento sulla produzione manifatturiera che sulle fasi a maggior valore aggiunto (a monte e a valle) del processo produttivo, come ricerca e sviluppo (R&S), vendite, logistica o marketing.
Ciò rende ancora questi paesi “economie di fabbrica” (specializzate nella produzione) rispetto alle “economie centrali”, che guidano in larga parte il ritmo del cambiamento tecnologico nella regione. La specializzazione si traduce in una produttività del lavoro inferiore rispetto al resto dell’Ue.
In effetti, la crescita della produttività nell’area centro-orientale ha rallentato negli ultimi anni rispetto al decennio precedente: non è necessariamente un fenomeno specifico della regione, poiché la produttività è diminuita anche a livello globale e nell’Ue, ma il calo in questi paesi è stato più pronunciato. Ed è uno dei principali motivi per cui anche il processo di convergenza è rallentato.