Jerome Powell ha annunciato un cambiamento radicale della politica monetaria della Federal Reserve. L’obiettivo è continuare a supportare economia e mercati con tassi bassi per molti anni, proprio mentre gli Stati Uniti registrano una contrazione del PIl (-31,7%) nel secondo trimestre dell’anno che non ha precedenti dal 1947 (ovvero da quando esistono le moderne statistiche trimestrali sulla crescita).
La Banca centrale ridefinisce dunque gli obiettivi della propria politica, mandando in soffitta la cosiddetta ‘Curva di Phillips’ (che evidenzia il trade-off tra inflazione e disoccupazione e che ha per numerosi anni ‘guidato’ le politiche monetarie delle banche centrali di tutto il mondo).
Il cambiamento si è reso necessario dopo anni di tassi schiacciati verso il basso e di inflazione ben sotto la media, nonostante tutta la liquidità pompata sul mercato. Ora, quindi, la Fed abbandona il target di un’inflazione vicina al 2% a favore di un “obiettivo medio di inflazione” e rafforzando il mandato su un mercato del lavoro più solido. Tradotto, maggior tolleranza rispetto ai dati sui prezzi e più attenzione verso il tasso di disoccupazione.
Il rischio, per la Banca centrale, era di ritrovarsi costretta ad alzare i tassi di interesse in maniera quasi automatica con il raggiungimento della soglia di inflazione al 2%, sebbene l’economia sia ancora troppo fragile dopo la pandemia.
In pratica nel contesto attuale, se nei prossimi mesi la dinamica dei prezzi dovesse salire sopra il 2% non sarà necessario correre ad alzare i tassi per raffreddare i prezzi.
Allo stesso tempo, sul fronte del mercato del lavoro non si indica un livello di disoccupazione sotto il quale la Fed entrerà in azione per spegnere eventuali tensioni al rialzo sui prezzi. La Fed adotterà piuttosto un atteggiamento attendista, non andando ad aumentare i tassi sulla base di una previsione di rialzo dell’inflazione in presenza di bassa disoccupazione, ma aspettando di verificare che la situazione realmente accada.