Non è la prima volta che il presidente della Bce spiega quanto sia importante passare ad un'effettiva Unione monetaria. Ma nell'intervento pronunciato lo scorso 11 maggio a Firenze, Draghi ha indirizzato alla politica europea un preciso messaggio.
È più che mai urgente un progetto comune di riforma che introduca due nuovi strumenti di stabilizzazione. Primo, una rete di sicurezza pubblica per il fondo di risoluzione bancaria e per l’assicurazione europea dei depositi. Secondo, uno strumento fiscale che scongiuri gli effetti pro-ciclici dei mercati e delle politiche fiscali nazionali in caso di crisi.
Se ne discuterà al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Anzi ne discuteranno i due protagonisti di sempre, Francia e Germania, con l’Italia sempre più defilata. Ma l’accordo appare lontano. La Germania vuole che prima i paesi membri riducano i loro rischi interni.
Un’impostazione che Draghi ha criticato: “La dicotomia tra riduzione e condivisione del rischio che caratterizza il dibattito odierno è, sotto molti aspetti, artificiosa”. Per il presidente della Bce, la soluzione è operare in modo complementare. E ha spiegato perché.
Secondo il governatore, la crisi ha evidenziato l’impossibilità di assorbire efficacemente gli shock. La povertà e la disoccupazione sono state in buona parte causate dall’assetto incompleto dell’Unione monetaria. Non si tratta, pertanto, di pensare a un euro a due velocità, che non farebbe altro che “raddoppiare” il problema. Ai governi la responsabilità storica di prendere altre scelte.