Da quando c'è l'euro, ovvero vent’anni, ogni cittadino tedesco ha guadagnato in media 23 mila euro, ogni italiano ne ha persi 74 mila. La Germania è di gran lunga il Paese che più ha tratto maggior profitto dall'entrata in circolazione della moneta unica, l'Italia quello che ci ha rimesso di più. È quanto emerge dal rapporto "20 anni di Euro: vincitori e vinti", del think tank Centre for European Policy con sede a Friburgo.
Secondo lo studio, il problema della competitività tra i vari Paesi dell'eurozona "rimane irrisolto e "deriva dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per rimanere competitivi a livello internazionale". Dall'introduzione dell'euro, un'erosione della competitività globale ha portato "a una minore crescita economica, a un aumento della disoccupazione e al calo delle entrate fiscali. La Grecia e l'Italia, in particolare, stanno attualmente attraversando gravi difficoltà a causa del fatto che non sono in grado di svalutare la propria valuta", cosa invece attuata sistematicamente nella fase pre-euro.
La Germania, dal 1999 al 2017 ha guadagnato complessivamente 1.893 miliardi di euro, pari a circa 23.116 euro per abitante. Anche i Paesi Bassi hanno ricavato circa 346 mld, e cioè 21 mila euro pro capite. Nella maggior parte degli altri Stati sono state registrate invece delle perdite: in Italia, lo Stato che più ne ha risentito, ha toccato i 4.300 miliardi, pari a 73.605 euro pro capite. In Francia, le perdite ammontano a circa 3.591 miliardi, pari a 55.996 euro pro capite.
La Spagna, in perdita nei primi dieci anni dall’introduzione della moneta unica, è invece riuscita a ribaltare la tendenza, portando i suoi cittadini a beneficiare dell’effetto euro dal 2011 in poi.
La voce di quoted
Lo studio è basato su una metodologia scientifica ma sembra giungere a conclusioni 'frettolose'. Laddove si sostiene che senza Euro l’Italia ci avrebbe guadagnato di più, non si tiene conto a sufficienza del fatto che un’economia incentrata sulla svalutazione competitiva (che tende ad abbassare il prezzo delle esportazioni, aumentandole, e incrementare quello delle importazioni) è ‘drogata’ e in un contesto globalizzato i principali competitors a livello mondiale non ci avrebbero consentito a lungo di continuare a manipolare il tasso di cambio. L’Italia, piuttosto, non ha saputo in questi venti anni capitalizzare il vantaggio di aderire all’Ue, a cominciare dal mercato unico e dal fatto di avere un peso maggiore sui mercati internazionali e nelle trattative multilaterali con i big dell’economia mondiale. La via della svalutazione competitiva è falsata e non porta sul percorso di una crescita robusta e sostenibile nel medio-lungo periodo.