Durante il suo mandato come presidente della Bce, Mario Draghi ha messo in campo varie armi per proteggere l’Eurozona da minacciose forze deflazionistiche. Senza questi interventi (a partire dal quantitative easing, ovvero il programma di acquisto titoli), l’Euro sarebbe già stato storia. Tuttavia, lo spettro deflazionistico che perseguita l’Europa (e non soltanto) non è mai stato veramente sconfitto.
Come gli antibiotici ai quali i batteri si sono completamente adattati, le armi messe in campo da Draghi in questi anni sembrano funzionare sempre meno. E infliggono danni considerevoli ai risparmiatori, che accusano la Bce per i tassi di interesse negativi che incidono sui loro risparmi e non incoraggiano investimenti produttivi nelle tecnologie e nelle infrastrutture “green” di cui l’Europa ha così disperatamente bisogno.
Draghi lo sa e per questo ha esortato i governi dei Paesi Ue a stimolare la domanda aggregata attraverso una spesa pubblica più elevata e a mettere in campo politiche fiscali anticicliche. Ma la strada è ancora lunga, a cominciare dalle note resistenze tedesche. Già sappiamo, così, che l’onere della prossima recessione ricadrà ancora una volta sulla Bce, questa volta a guida Christine Lagarde (che si insedia a Francoforte dal primo novembre), sebbene il consenso verso un bilancio unico dell’Eurozona sia crescente. Tuttavia non abbastanza rapidamente.
Ecco allora che la dipendenza dalle armi di Draghi probabilmente riuscirà a mantenere a galla gli Stati e le banche quasi insolventi. Ma lo farà a spese di una più profonda stagnazione. Ed entro il 2025, la Bce deterrà metà del debito (pubblico e privato) dell’Eurozona. Nel frattempo, tuttavia, gli investimenti reali, la creazione di posti di lavoro di alta qualità e il cosiddetto ‘economic sentiment’ rimarranno in depressione in tutta Europa, poiché sia i paesi in surplus che quelli in deficit continuano a operare sotto una nuvola di stagnazione permanente.
La conclusione è inevitabile: la Bce ha urgentemente bisogno di nuove armi. O meglio, l’Europa avrebbe bisogno di un’Unione fiscale oltreché monetaria.