Il vertice europeo di metà dicembre 2017 avrebbe dovuto determinare una svolta per la zona euro. Invece, l'empasse politica in Germania e un generale calo dell'entusiasmo per le riforme hanno favorito il mancato passo avanti.
Le idee sul rafforzamento della zona euro, tuttavia, non mancano. Una parte rilevante vorrebbe passare dall'unione monetaria a quella politica di tipo “federale”. Gli anti-federalisti, invece, puntano a un modello nazionalista con l’integrazione di alcune istituzioni tecniche indipendenti a livello europeo. Un compromesso tra queste due parti non sarà ottimale. Ma è l'unica via possibile.
Ad ogni modo i trattati europei già prevedono che gli Stati membri considerino le loro politiche fiscali come una questione di interesse comune. E’ arrivato il momento di sancirlo una volta per tutte. Per ridurre, inoltre, il rischio di rottura si potrebbe depoliticizzare il meccanismo europeo di stabilità, che ristrutturerebbe i debiti dei Paesi membri in coordinamento con un programma della Bce, che resterebbe prestatore di ultima istanza. Al contempo, il Ministro delle finanze della zona euro garantirebbe l’equilibrio tra sostenibilità a lungo termine e stabilizzazione a breve termine dei bilanci nazionali.
La brutta notizia è che al momento sembra sia necessaria una nuova crisi per compiere questi passi. Ma forse una completa integrazione non è neanche così necessaria. Basterebbero, infatti, già poche modifiche per rendere l'unione monetaria più sostenibile. Più avanti, l'UE potrebbe mirare ad armonizzare il sistema fiscale e la sicurezza sociale.
