Nei giorni scorsi, esattamente il 30 giugno, durante una conferenza stampa comune con il capo del governo spagnolo Pedro Sánchez, il presidente ucraino Volodymyr Zelenski ha dichiarato che la Russia si prepara a far esplodere la centrale nucleare di Zaporozhzhia. Torna dunque al centro della scena la trasgressione senza precedenti di un tabù assoluto, le cui conseguenze supererebbero le frontiere dell’Ucraina.
Dopo l’occupazione della struttura da parte delle forze russe nelle prime fasi dell’invasione dell’Ucraina, nel marzo dell’anno scorso, la centrale di Zaporozhzhia – che è la più grande d’Europa – ha attirato grandi preoccupazioni: ma finora non si era mai parlato di una possibile distruzione deliberata dei reattori nucleari.
Secondo le autorità ucraine, dal presidente ai servizi d’intelligence militari, i russi avrebbero minato quattro dei sei reattori della centrale, insieme a un bacino di raffreddamento. Le fonti ucraine sostengono che Mosca abbia ridotto la presenza dei suoi uomini negli impianti, trasferendo in Crimea parte delle truppe e degli esperti della Rosatom, l’agenzia atomica russa.
Il Cremlino nega di avere intenzione di far esplodere la centrale e accusa l’Ucraina di volerla sabotare per poi dare la colpa alla Russia. Davvero Mosca sarebbe disposta a far esplodere una centrale nucleare? Sembra insensato, ma dopo la distruzione della diga di Khachovka, che il mese scorso ha provocato l’inondazione di un’intera regione, nessuno può dire cosa sia davvero impossibile.
L’unica influenza moderatrice su Vladimir Putin potrebbe arrivare dalla Cina (in un contesto in cui la dipendenza di Mosca da Pechino è crescente). Il pericolo nucleare, infatti, è l’unico tema su cui il leader cinese Xi Jinping si sia pronunciato con chiarezza nell’ambito della guerra in Ucraina, ripetendo più volte che il ricatto atomico non è accettabile.