La sfida fra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina ci riguarda molto da vicino. Comunque vada a finire, gli equilibri geopolitici in Europa ne saranno più o meno alterati. E non solo nel caso, improbabile, di guerra aperta. Alla fine la posta in gioco è se l’America continuerà ad avere l’ultima parola sull’Europa o se un suo arretramento nella crisi ucraina – fosse solo un compromesso di basso profilo – ne minerà la credibilità fra gli alleati Nato e più in generale nel mondo. Se invece fosse la Russia a uscirne male, le conseguenze geopolitiche sarebbero di segno opposto, ma ugualmente importanti. E le carte europee ne verrebbero profondamente rimescolate.
Colpisce in tutto ciò la distrazione dell’Italia, quasi la faccenda non la toccasse. Il nostro paese è uscito dalla Seconda guerra mondiale come parte dell’impero europeo dell’America, codificato nella Nato. Una crisi dell’Alleanza Atlantica investirebbe in profondità non solo la nostra collocazione geopolitica, ma la nostra sicurezza e la nostra economia. L’elezione del presidente della Repubblica è un alibi che non giustifica la nostra latitanza.
Ammettiamo l’ipotesi ad oggi più blanda, ovvero che il braccio di ferro russo-americano implichi severe sanzioni euroatlantiche alla Russia. La nostra interdipendenza energetica con Mosca – abbiamo necessità del suo gas come Putin ha bisogno del nostro mercato – e la ripresa del commercio italo-russo malgrado sanzioni e controsanzioni ancora in vigore ci rendono vulnerabili su questo fronte. Se poi, come minaccia Biden, si dovesse arrivare a estromettere la Russia dal sistema degli scambi basato sul dollaro, il contraccolpo globale sarebbe ben percepibile anche a casa nostra.