Il presidente francese ha appena terminato un viaggio nei paesi arabi del Golfo. È stato il primo leader occidentale a incontrare l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman dopo l’omicidio commissionato da quest’ultimo dell’attivista e giornalista Jamal Khashoggi.
Emmanuel Macron ha inoltre siglato numerosi accordi commerciali, fra cui la vendita di 80 aerei da combattimento Rafale (oltre a 12 elicotteri Caracal) prodotti da Dassault (il cui titolo subito dopo l’annuncio ha guadagnato il 6%) agli Emirati Arabi Uniti (si tratta della maggiore commessa bellica della storia francese il cui valore dovrebbe aggirarsi intorno ai 15 miliardi di euro) e altri armamenti all’Arabia Saudita.
Visto che un classico della politica estera francese in Medio Oriente consiste nel fare il contrario di quel che fanno gli Stati Uniti, risulta difficile sostenere se i ricchissimi accordi bellici siglati in queste ore siano una compensazione per la cancellazione del contratto con gli australiani sui sottomarini. In ogni caso queste iniziative probabilmente non dispiacciono a Washington: meglio armi francesi che russe o cinesi, anche perché l’influenza francese in Medio Oriente è ai minimi storici.
Sembra invece più certa la prosecuzione della politica antiturca dell’Eliseo. Macron tenta di smorzare il riavvicinamento in corso fra Ankara e i petroarabi, per evitare che assuma dimensioni militari. Parigi cerca infine i soldi degli emiri per finanziare il programma Francia 2030. Non è una novità, ma ora i petrodollari servono anche per contenere la crescente influenza turca nell’Esagono, ovvero la Francia.