Imponente contromossa di Pechino al boicottaggio della tecnologia cinese decisa nei mesi scorsi dalla Casa Bianca. Il governo ha ordinato la rimozione di tutti i personal computer e i software americani da tutti gli uffici pubblici e imprese di stato, entro il 2022. Ne ha dato anticipazione il Financial Times, sulla base di indiscrezioni ricevute da manager pubblici cinesi. Possibile pesante colpo da 150 miliardi per tanti colossi USA, quali Microsoft e Dell.
Non si tratta più, dunque, solo di un botta e risposta nella guerra commerciale, con Washington. Lo scontro ora sale di livello. La direttiva è una evidente risposta al bando disposto dall'amministrazione Trump su tutto l'hi-tech cinese, emesso sul timore di rischi per la sicurezza in settori strategici degli Stati Uniti. Nel mirino del presidente americano, in particolare Huawei, considerata dalle autorità Usa estremamente pericolosa per il livello di competenza raggiunto in ambito 5G e per la conseguente capacità di aggiudicarsi appalti in questo settore di punta delle telecomunicazioni, anche in Europa.
La direttiva cinese di azzeramento di tecnologia Usa detta anche i tempi dell'operazione: entro il 2020 deve essere eliminato il 20% di computer e software made in Usa, nel 2021 il 50%, il resto entro il 2022.
Singolare che la Cina abbia aspettato molto tempo prima di replicare all'ostracismo sulla tecnologia made in China. Ma forse è stato tutto attentamente meditato.
Esattamente un anno fa, nel dicembre 2018, a Vancouver in Canada, su istanza dei giudice Usa, fu arrestata Meng Wanzhou, direttrice finanziaria e figlia del fondatore di Huawei. In Cina nulla è lasciato al caso. E anche le ritorsioni anno un orario preciso e vanno servite fredde.